lunedì 27 giugno 2011

Mio fratello è figlio unico



Degli anni trascorsi alla scuola elementare ho due ricordi particolarmente nitidi: la felicità di far merenda con la pizza alla mortadella (ho sempre avuto un palato soft) e la tristezza di non avere né un fratello né una sorella.
Quando la maestra ci assegnava il compito “disegna la tua famiglia”, i miei compagni riempivano il foglio con tanta di quella gente che pareva avessero in casa una manifestazione sindacale; nella mia carta F4, invece, eravamo sempre e solo in 3! E allora io aggiungevo case, palazzi, alberi, nuvole, strade, tanto che più che un ritratto di famiglia il mio sembrava un vero e proprio progetto per la pianificazione urbanistica.
Poi, alla scuola media, finalmente la lieta notizia: un fratellino in arrivo anche per me!
Non potete capire la gioia!
Come se il “fratellino” fosse un accessorio da mostrare alla gente, una parola di cui riempirsi la bocca, un giocattolino da usare nel tempo libero. 
Ce lo dovevi avere per forza, il "fratellino", altrimenti non eri come gli altri. Eri, come dire, un po’ di serie B.

Ma – ce lo insegna il proverbio – non è tutto oro quel che luccica…

E infatti, dopo questa prima fase di grande euforia, giunsero i primi strani ed – allora - incomprensibili segnali.
Preciso: io sono assolutamente convinta che ogni avvenimento capace di incidere sull’esistenza di una persona, sia in un modo o nell’altro anticipato, introdotto, avvisato da qualcosa…
Io sono stata avvisata così.


Al settimo mese di gravidanza di mia madre, si manifestarono sul mio viso degli evidenti e fastidiosi tic nervosi: arricciamento del naso con scatto doppio e ripetuto; strano allungamento laterale della bocca con contemporaneo stiramento del collo; prurito ed arrossamento della pelle.
Tra l’ottavo ed il nono mese, i segnali si trasferirono anche sul mio umore: gelosia latente, irascibilità improvvisa, necessità di piangere anche solo all’attacco della sigla di Denver (il cartone animato).  
Finchè, di venerdì 17 (segnale per eccellenza!) il tanto sospirato “fratellino” è venuto alla luce.
Pausa.
Da quel giorno sono trascorsi diciasette anni, diciassette durissimi e faticosissimi anni.
Circa 6200 giorni (ora più ora meno), nel corso dei quali il mio “fratellino” ha dato memorabili espressioni di se’ (come quando si mise in vetrina in un negozio di Riccione a soli cinque anni, ad esempio) e della sua pacatezza (come quando fece esplodere un minicicciolo sul tappeto persiano dei miei, altro esempio).
A ciò si aggiungano ulteriori dati non trascurabili:  lui è alto come un palo della luce (cm più, cm meno) mentre io sto nella media; lui ha un carnato olivastro e io color “muro appena tinto di bianco”; lui ha capelli nero scuro ed io rosso rosso (nonostante la mia parrucchiera continui ad illudermi con la storia del “biondo ramato”…); lui vive senza pensieri e io penso. (Punto)

Insomma, distanti come il sole e la terra, come Milano e Palermo, come il Sauvignon e il Tavernello.
Eppur fratelli!

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