lunedì 27 giugno 2011

Mio fratello è figlio unico



Degli anni trascorsi alla scuola elementare ho due ricordi particolarmente nitidi: la felicità di far merenda con la pizza alla mortadella (ho sempre avuto un palato soft) e la tristezza di non avere né un fratello né una sorella.
Quando la maestra ci assegnava il compito “disegna la tua famiglia”, i miei compagni riempivano il foglio con tanta di quella gente che pareva avessero in casa una manifestazione sindacale; nella mia carta F4, invece, eravamo sempre e solo in 3! E allora io aggiungevo case, palazzi, alberi, nuvole, strade, tanto che più che un ritratto di famiglia il mio sembrava un vero e proprio progetto per la pianificazione urbanistica.
Poi, alla scuola media, finalmente la lieta notizia: un fratellino in arrivo anche per me!
Non potete capire la gioia!
Come se il “fratellino” fosse un accessorio da mostrare alla gente, una parola di cui riempirsi la bocca, un giocattolino da usare nel tempo libero. 
Ce lo dovevi avere per forza, il "fratellino", altrimenti non eri come gli altri. Eri, come dire, un po’ di serie B.

Ma – ce lo insegna il proverbio – non è tutto oro quel che luccica…

E infatti, dopo questa prima fase di grande euforia, giunsero i primi strani ed – allora - incomprensibili segnali.
Preciso: io sono assolutamente convinta che ogni avvenimento capace di incidere sull’esistenza di una persona, sia in un modo o nell’altro anticipato, introdotto, avvisato da qualcosa…
Io sono stata avvisata così.

martedì 21 giugno 2011

Orientamento sì, ma in che senso?



Orientamento: insieme delle tecniche che permettono di riconoscere la propria posizione relativa all’interno di un terreno non noto, in genere individuando la direzione del Nord (così Wikipedia).

Dunque si tratta di un’arte, di una vera e propria abilità, qualcosa che non si improvvisa ma che si apprende e si approfondisce con l’esperienza. E poi il concetto di orientamento è assolutamente versatile, adattabile ad un numero esagerato di contesti.
Ci si può orientare (o non orientare) al centro di una piazza, tra le vie di una città, nel bel mezzo di un incrocio, nel mare aperto o in cima ad una montagna. 
Ci si può orientare (o non orientare) nella scelta di un regalo, nella stima di un prezzo, nella valutazione di una persona, nel calcolare un peso o una distanza.
Insomma, ci si può orientare (o non orientare) nella vita in generale.

Scrivere questo post perché?

First of all, perché l’ho promesso alla mia “socia in affari/serate/viaggi/pranzi&cene Silvietta” dopo che – per l’ennesima volta – ci siamo perse con la sua “simil Ferrari” (una Fiat 500 che spinge più del Freccia Rossa): se esistesse un master di primo livello sulle tecniche dell’orientamento stradale, io e lei saremmo tra le prime iscritte ed avremmo pure diritto ad una borsa di studio.
Secondly, perché da un po’ di tempo a questa parte, nella mia vita son successe cose strane, inaspettate e tali da spostare più di un confine sulla cartina topografica della mia esistenza. Per capirci: è come se per anni avessi condotto ogni mio movimento con una bussola in mano e poi, all’improvviso, questa bussola si fosse rotta. 
A quel punto cosa fai: o smetti di camminare o cominci ad esplorare.
Ho scelto di esplorare, grazie a Dio.
E da allora ho spesso confuso il nord con il sud, ho imboccato qualche strada sconnessa e mal ridotta, ho inciampato in un paio di buche e smarrito qualche oggetto importante.
Da allora, però, ho incontrato persone che mai avrei cercato ed ottenuto cose che mai avrei pensato.
In questo orientamento privo di senso ho scoperto che perdersi non è niente male e che le dimensioni reali delle cose belle sono, quasi sempre, fuori dai nostri piani e dalle nostre mappe.

In fondo lo prevede anche Totti  nella pubblicità della Vodafone: Ognuno troverà la sua strada...

lunedì 13 giugno 2011

Acciaio

Stavo guardando una di quelle rubriche del telegiornale dedicate ai libri.
Parlavano di una certa Silvia Avallone, autrice giovanissima che con il suo romanzo d’esordio aveva guadagnato il secondo posto al Premio Strega 2010.
Acciaio, il titolo del libro.
Bello questo titolo - mi son detta - e poi sarà, ma a me il “secondo posto” suscita interesse a prescindere.

Acciaio è una storia. 
Una storia potente e penetrante, raccontata come piace a me.
Quando leggi un libro e ti immagini tutto, quando riesci a vedere i personaggi e i loro corpi, quando sei pure capace di riconoscerne la voce, quando ti immedesimi nei loro difetti e ti perdi nelle loro emozioni, quando ti succede questo vuol dire che le parole non sono tutte uguali e che alcuni sanno mescolarle meglio di altri.



Nella mail che ho scritto a Silvia dicevo: “…l’ho trovato semplicemente meraviglioso, a tratti geniale. Una scrittura dura e dolce insieme. Un miscuglio di sentimenti che mi hanno letteralmente attraversata. Complimenti.”




mercoledì 8 giugno 2011

L'Afrique c'est chic

La bella vita con l’esperienza che segna il volto
Le mani libere, in tasca il giusto e nel cuore molto
La bella vita senza il delirio di onnipotenza
Con la passione che rende amica la sofferenza
La bella vita che dura un’ora tra due infiniti
Ti vorrò bene per sempre e sempre sono minuti…


La bella vita dopo che hai perso qualsiasi appiglio
Con il sudore come un diamante sul sopracciglio
La bella vita quella che auguro ai miei amici
A chi si perde tra mille incroci
A chi la augura pure a me…

Jovanotti, La bella vita (2011)

domenica 5 giugno 2011

I Love Fitness (esageratamente)



Io e lo sport: una storia lunga.
E piuttosto complicata.
La si potrebbe paragonare a quelle storie sentimentali che nascono da un colpo di fulmine, all’improvviso: lui e lei si incontrano, si scambiano uno sguardo d’intesa e già si amano alla follia. E allora iniziano a frequentarsi ogni giorno, si assorbono completamente, finchè – sempre all’improvviso – si scoprono diversi, estranei, due ingredienti per nulla amalgamabili.
Io lo sport ho provato ad amarlo, lo giuro!
Posso affermare, senza timore di essere smentita, di aver quantomeno iniziato tutte le discipline sportive elencate dal CONI (escludendo solo le arti marziali ed il tiro con l’arco). Dalla danza al tennis, dalla ginnastica (nella doppia versione ritmica ed artistica) al nuoto, dal ping pong al calcetto (ebbene sì, ho provato anche quello).
Ma l’esperienza in palestra, beh quella è stata davvero indimenticabile! Carica e decisa come non mai, ho subito optato per l’abbonamento trimestrale e per il full immersion nella sala attrezzi (che già solo l’idea mi faceva sentire tonica). Dopo un pomeriggio intero di glutei, addominali, interno coscia e polpacci son tornata a casa che camminavo come Ufo Robot e la mattina dopo, per farmi alzare dal letto, sono dovuti intervenire i volontari del 118. 
La palestra ha segnato la fine di ogni mio tentativo di pratica sportiva.

In realtà, però, da qualche tempo nutro un certo interesse per il percorso verde.
Ci vado spesso: una bella corsetta (che, al secondo metro, si converte in “camminata veloce”), una sana boccata d’ossigeno ed uno sforzo fisico decisamente contenuto. Assolutamente perfetto!
E poi al percorso verde si incontra veramente un sacco di gente, anzi, ci sono proprio dei “frequentatori-tipo del percorso verde”. Ve li descrivo…