lunedì 18 novembre 2013

Faccio ancora in tempo?

Quando mi chiedono “Chiara, ma perché non scrivi più?”, “E il secondo libro quando lo finisci?”. Io rispondo tendenzialmente “Mi manca il tempo”. Doris Lessing, premio Nobel per la letteratura e scomparsa proprio ieri, diceva di essere “geneticamente nata per scrivere”, ma evidentemente questo non è il mio caso, che di genetico ho solo le dermatiti ereditate da mio padre. Ma non è dei miei impedimenti psicofisici che voglio parlare. 
Io voglio parlare del tempo
Questa parolina che in cinque lettere scandisce ogni attimo e ogni azione della nostra vita. Nel mio lavoro, ad esempio, tutto ruota intorno al tempo: hai trenta secondi per pubblicizzare un prodotto, tre minuti per dare le notizie, dieci per fare un’intervista. 
Il tempo lo devi controllare, lo devi occupare, ma non lo devi mai sforare. 
Di tutte le possibili prigionie umane, il tempo è quella che ha le catene più salde. Ne siamo tutti, in un certo senso, schiavi.
Schiavi della mezz’ora di pubblicità prima del film al cinema. Schiavi dell’attesa di un momento di felicità. Schiavi della fretta delle ore proprio quando ci stavamo divertendo. E tu stai lì, a subire il ritmo arbitrario delle lancette che girano. E con te, stanno lì anche le tue sensazioni. I battiti del cuore, gli sbadigli, le nervature irrigidite. Al tempo non gliene frega se accanto hai l’amore della tua vita o la persona che odi di più al mondo, se sei in fila alle poste o se hai la macchina in doppia fila. 
È lui che decide se farti aspettare o se farsi rincorrere. 
Tu puoi solo sperare di avere fortuna. La fortuna di trovarti, nel bel mezzo del suo passare, vicino alle persone migliori e con ancora in mano la carta vincente da giocare.

Seneca diceva: 
Breve è la vita che viviamo davvero. Tutto il resto è tempo

lunedì 30 settembre 2013

Mezzo pollice verde

Le piante grasse sono, tra tutte le specie botaniche, quelle che amo di più.
In primis perché le loro forme strane mi fanno simpatia. E poi perché credo che abbiano delle caratteristiche naturali assolutamente invidiabili.
Sono nate, infatti, per resistere, per lottare e per adattarsi alle circostanze esterne.
Grazie a particolari tessuti, riescono ad immagazzinare tutta l’acqua necessaria per sopravvivere nei luoghi più avversi, quelli aridi in cui i periodi di siccità sono lunghissimi. E hanno fatto tutto da sé. Si sono – diciamo – organizzate, trasformando le foglie in spine e trasferendo la funzione clorofilliana sul fusto.
Che piante geniali. Che piante forti.
Piante capaci di sopravvivere anche senza le cure e le attenzioni dell’uomo.
Io, che più che il pollice ho forse il mignolo verde, ne ho fatte morire una decina. L'unica, credo, nella storia ad esserci riuscita.
Le piante grasse sopravvivono nei deserti del mondo e sono venute a morire a casa mia, a Ponte Pattoli!
Me ne dispiaccio infinitamente. Mi dispiace soprattutto di non aver fatto in tempo a rubar loro un po’ di quell’equilibrio sapiente che le rende capaci di affrontare anche le situazioni meno ottimali, con vigore e senza alcun lamento. 
Facendo sbocciare piccoli fiori anche tra le spine più appuntite. 

martedì 24 settembre 2013

A far la spesa comincia tu!


Parlerò della spesa, quella che si fa al supermercato.
Al telefono della radio con il presidente di Coop Italia – la Coop quella che sei anche tu, tu che leggi – ricevo da lui questa domanda: “Signorina, lei cosa mette nel carrello?”. E allora io, che la professionalità è un concetto che sono solita gestire a modo mio, rispondo: “Presidente io sono donna e single, perciò poche cose e inutili”.
A me fare la spesa piace parecchio.
Soprattutto mi piace stare in coda alla cassa e sbirciare nei carrelli altrui. E confrontare i loro acquisti con i miei. Non so perchè, ma alla fine mi sembra sempre di aver lasciato fuori qualcosa di necessario che invece gli altri hanno scelto. E la conferma arriva sempre puntuale dall'espressione perplessa della cassiera quando passa il codice a barre dei miei prodotti davanti al laser...

primo bip – salviette struccanti, che ne compro come se mi truccassi sul serio
secondo bip – yogurt al malto e cereali, che fa sempre scena
terzo bip – cereali confezione formato famiglia, che compro solo perchè le tipe della pubblicità della Kellog's sono sempre in tuta, toniche, sorridenti e fighe...e se bastano i corn flakes, ho svoltato!!
quarto bip - sfilatino al formaggio, che spero di trovare a casa la mortadella
quinto bip –  deodorante per auto (ignoro sul serio il motivo)
sesto bip – succhi di frutta a tutti i gusti commestibili, tranne la papaya

E’ evidente, la mia spesa non segue alcun criterio logico-razionale.
Del resto io non sono catalogabile come “consumatrice normale”. A casa non ho bocche da sfamare, pasti da organizzare, bucati formato famiglia da far girare negli oblò delle lavatrici. Non miro alle prime necessità e mi concedo – ancora – la spensieratezza delle ultime, accogliendo la politica della spesa che non è altro che la politica delle scelte che si fanno, ogni giorno, nella vita.
Scegli ciò che ti serve, prendi ciò che ti conviene, ricerchi le fantastiche offerte, ti concedi il brio del superfluo, scarti ciò che è stato già toccato dagli altri e frughi in fondo allo scaffale per portare alla luce il prodotto più intatto.

A volte capita di lasciar fuori qualcosa. Ma anche quelle non prese, sono pur sempre scelte.

lunedì 19 agosto 2013

Ipse Non Dixit

Gli sconfinati spazi del non detto affollano la mia vita da sempre.
E sono ciò di cui facilmente mi pento.
Mi pento di aver trattenuto in gola emozioni, opinioni, sillabe, domande, cose non capite e cose ben intese, pezzi di verità come pezzi di canzoni.
Per pudore, per paura, per prendere tempo, o anche per quell'incontenibile e ridicola serenità che a volte provo e che andrebbe urlata. Ma che resiste in pancia, senza uscire fuori.
La mia lista delle cose non dette si potrebbe stendere su un intero rotolo di carta assorbente.
E diventerebbe borfa di scusa, di ti amo, di forse ho fatto una cazzata a non accettare quel lavoro, di come sto bene con te con nessuno mai, di quasi quasi te darei fuoco, di ma perché non possiamo almeno provarci, di a Stephanie Forrester io volevo bene, di la pelle chiara è nobile un par de palle, di la storia delle affinità elettive è una grande stronzata, di io però ho affinità solo con te, di ho buttato via un sacco di tempo, di l'ho recuperato tutto in un attimo, di lo ributterò con la stessa velocità, di secondo me la felicità sta nelle piccole cose solo se quelle grandi sono finite.
Questo giochino del non detto mi è costato caro tante volte.
Me lo sento tutto nello stomaco, ha lo stesso peso specifico di una bibita gassata.
Un volume d'aria che risale su fino alla gola dove si intrecciano tutti i nodi che non ho mai sciolto.

Penso di essere nata con un autocontrollo incredibile.
Penso anche che, se non fosse stato per il medesimo self control, ora sarei una serial killer professionista.


mercoledì 29 maggio 2013

Nove grammi di carezze



Chiara aveva nove grammi di carezze nella tasca destra dei suoi jeans. Era rientrata a casa pensando che potessero bastare. La signora delle ricette in tv ne consigliava un paio in più ma a Chiara andava bene lo stesso. La cucina non era il suo forte. La prima volta che aveva preparato un piatto il risultato era stato un disastro. Dosi sballate, superfici bruciacchiate, cattivo sapore. Ma di quelle carezze parlavano veramente bene. Dicevano che avrebbero rivoluzionato il modo di mangiare. E poi erano facili da preparare, potevano riuscirci tutti senza avere doti da grandi chef. Bastava aggiungerle a qualsiasi altro ingrediente – dolce, salato o piccante non faceva differenza – lasciarle amalgamare bene a fuoco lento et voilà. Pronte in pochi minuti. Miracolose più dell’olio. Essenziali più del sale. Ricercate più del caviale. Le carezze erano capaci di assecondare ogni palato e soddisfare il gusto di chiunque. Chiara non le aveva mai usate prima. Quel giorno al supermercato – dove le vendevano sfuse, tra il bancone dei surgelati e lo scaffale dell’acqua minerale – le aveva scelte con cura e infilate nella busta trasparente tenendo d’occhio il cartellino con il prezzo. Erano in offerta e la gente non sembrava poi così interessata. Chiara però era curiosa di provare. Un grammo alla volta, carezza dopo carezza, aveva svuotato la busta e riempito il tegame antiaderente, facendo attenzione alle istruzioni date alla tv. Aveva mescolato e posto sopra il coperchio, lasciando solo una fessura per far evaporare l’acqua di cottura. Mentre aspettava che il timer suonasse, Chiara pensava a quello che sarebbe stato, al sapore che avrebbe avuto, all’armonia dei colori che le carezze avrebbero sprigionato una volta sistemate sul piatto. E si immaginava già la foto che avrebbe scattato e condiviso in rete con le amiche. Finchè il suono impazzito del timer tagliò il filo di ogni pensiero nella mente di Chiara. Era il momento di sollevare il coperchio. Le carezze erano pronte e Chiara era impaziente. Nella scoperta di quel momento aveva riposto l’attesa di qualcosa che avrebbe cambiato la percezione dei suoi sensi. Qualcosa che l’avrebbe saziata facilmente e senza troppo sforzo. E poi “carezze”, che bel suono che aveva quel nome. Con il pollice e l’indice stretti sul pomello del coperchio, Chiara tirò su di scatto. Il vapore le rimbalzò sulle lenti degli occhiali da vista appanandole tutte. Ma riuscì a vedere lo stesso. Il fondo della pentola era completamente vuoto. Nulla, non c’era rimasto nulla. Nemmeno la più piccola sostanza della più piccola carezza. Seduta con la sguardo fisso sul piatto nudo, Chiara capì che le carezze a prezzo scontato, alla portata di tutti e assaporabili in fretta non avrebbero mai rivoluzionato il gusto del mondo.

Pubblicato sulla rivista UMBRIANOISE (N. 13)
www.umbrianoise.it 

lunedì 29 aprile 2013

Alla fine è sempre vero...



  • che lo stile è la fisionomia dello spirito (Schopenhauer)
  • che c'è chi ha i miliardi e chi miliardi di idee
  • che ciò che trascuri diventa di qualcun altro
  • che il barometro dei nostri successi è al 99% sballato
  • che tra il dire e il fare c'è di mezzo la chat di whatsapp
  • che i baci non sono mai troppi e nemmeno le carezze, gli abbracci e gli sguardi in profondità
  • che si può scegliere se vivere o tirare a campare (con un Campari, magari!)
  • che ti innamori se ti capita ma ami se ti ci dedichi
  • che chi ha il pane non ha i denti e viceversa
  • che per fare una famiglia serve un cofinanziamento, un possedimento e un conto corrente. E se poi c'è anche l'amore, ben venga!

domenica 7 aprile 2013

Sfaticata

Oggi così.
Oggi il mio sforzo si limita al Ctrl c - Ctrl v
Oggi le parole me le presta Jack Kerouac, da On the road.


A quel tempo danzavano per le strade come pazzi e io li seguivo a fatica, come ho fatto tutta la vita con le persone che mi interessano, perché le uniche persone che esistono per me sono i pazzi. I pazzi di voglia di vivere, di parole, di salvezza, i pazzi del tutto e subito, quelli che non sbadigliano mai e non dicono mai banalità ma bruciano, bruciano, bruciano come favolosi fuochi d’artificio gialli che esplodono simili a ragni sopra le stelle e nel mezzo si vede scoppiare la luce azzurra. E tutti fanno “Oooooh!”

Che la strada sia con me. E con tutti voi.



mercoledì 3 aprile 2013

Da consumarsi preferibilmente entro



L'obsolescenza pianificata.
Ovvero quella politica strategica di non far durare in eterno i beni di consumo.
Io fabbrico un frullatore, uno smartphone, una lavatrice, una lampadina e ci imprimo una data di scadenza. Quando quella data arriva, il bell'oggetto moderno ti muore tra le mani. 
E non lo puoi riparare, no. 
Devi fiondarlo nel cestino (facendo attenzione alla differenziata) e ricomprarne uno nuovo. 
Non ci sono pezzi di ricambio (il fabbricante non li ha previsti) né mani tanto abili da poterlo accomodare.
Gioco finito. Game over.

Le logiche del mercato. La policy del consumo. 
Il ricatto dell'esistenza.

Perchè una scadenza c'è per tutto.
Per la bellezza. 
Per il latte nel frigo. 
Per la pazienza. 
Per la bolletta del gas. 
Per l'attesa. 
Per il giorno prima di oggi. 
Per il desiderio che resta pensiero senza prendere una forma.

Eppure ci si rinnova così.
Imparando dagli oggetti.
Buttandosi via e riacquistandosi ogni volta.

venerdì 29 marzo 2013

La mia Bilancia è differente


Sono 30 anni che il mio oroscopo prevede per me un’esistenza da favola.
Inizia sempre un po’ in sordina, tentando di depistarmi con frasi incomprensibili tipo “voi della bilancia avrete Saturno nel segno dalle prime ore dell’alba poi in serata ci sarà il passaggio di Marte e Mercurio in trigono dall’acquario”, poi però tutto diventa più chiaro e rapidamente si irradiano verso l'alto innumerevoli ed eccitanti profezie.
Dopo il girovagare dei pianeti nel mio segno, infatti, la giornata di Chiara sembra volare senza freni verso il massimo successo: in amore sarò seduttiva e passionale come non mai, avrò l’imbarazzo della scelta tra il fior fiore degli uomini single (che già l’accostamento di “fior fiore” e “single” al sostantivo “uomo” una qualche – anche fioca - spia di fregatura dovrebbe accenderla in me) e nel lavoro sarò così tanto talentuosa da concludere contratti a gogò, affari milionari, progetti strategici con il contestuale apprezzamento di colleghi e subalterni. Quanto a ricchezza&salute, beh chevelodicoafare: co’sta fortuna, garantite al cento per cento! Portafogli stracolmo e zero medicine, manco un'aspirina mi serve!

Io inizio la giornata sempre così, con questa mega spinta ottimistica verso il futuro. 

Poi però man mano che il futuro preannunciato si concretizza ripenso alle stelle, le mie. 
E mi chiedo se sappiano più o meno, anche solo vagamente, che faccia ho, in quale giorno/mese/anno sono nata e magari anche a che ora (per la storia dell'ascendente). 
Perchè, poverine, anche le stelle hanno diritto di sbagliare. ...Ma così clamorosamente? 
Forse gli si è inceppato il calcolo delle previsioni? Forse Saturno e Marte hanno avuto un contrattempo? O forse...vuoi vedere...che mi stanno proprio prendendo per il culo??
Non so se avrò mai una risposta alle mie eterne domande.
Sta di fatto che la mia bilancia non è quasi mai in equilibrio. Che la realtà non è quasi mai il riflesso delle mie (o altrui) pianificazioni. Che l’oroscopo è la tentazione, divertente e frivola, di non attribuire a noi stessi la responsabilità di ciò che accade. Che certe cose (e certe persone) piacciono di più finchè ci limitiamo ad immaginarle, che non quando le conosciamo veramente.
Giorno dopo giorno. Previsione dopo previsione. 


Ci sono persone così. Persone capaci di ricominciare infinite volte senza paura di sbagliare.
(Banana Yoshimoto)

lunedì 11 marzo 2013

I wanna be Black



Black come l’inchiostro della stilografica Montblanc
Black come il 99% degli abiti che ho nell’armadio
Black come il fondo in cui ogni tanto mi smarrisco
Black come la pelle che mai mi rivestirà

Black come le corde vocali che prestano l’anima ai più bei pezzi hip hop, funk, R&B e soul

Skye, Love show

Alicia Keys, Heartburn

Lauryn Hill, Every ghetto every city

Noora Noor, Funky way

Asa, Why can't we


ma, più di tutti, io impazzisco letteralmente per questo:

The Roots feat Leela James, Work


(God Save The Music!)


sabato 2 marzo 2013

Master in Taglio&Cucito



Intervisterò a breve uno dei più importanti produttori italiani di scarpe. Scarpe artigianali, di quelle che per farle servono anche seicento punti messi a mano e venti ore di manodopera. 
Una pazienza che assume sempre la forma della qualità. 
Alla fine il prodotto è bello, è resistente, è assolutamente originale ed è, per sua natura, votato al fascino che non si disperde col cambio delle mode. 
La pazienza è una grande abilità. 
Specie se unita alla passione e alla precisione. 
Anche mia nonna, che di mestiere faceva la sarta, passava notti intere sotto un piccolo cono di luce con la schiena incurvata sulla macchina da cucire. Ma di giorno i vestiti erano così belli che la fatica si nascondeva tra le pieghe della stoffa mai sgualcita. 
Ho sempre amato le cose fatte a mano perché richiedono uno sforzo in più, perché necessitano di maestria ed esperienza, perché dentro hanno amore
E la vita, spesso, io la paragono a un prodotto artigianale. 
Ottieni il meglio se scegli il tessuto migliore, se tagli il materiale in eccesso e cuci insieme le parti che devono stare legate. Se ci investi il tuo tempo, se ci affondi le mani, la testa e il talento. 
Se ci metti amore.

Solo per le misure il discorso è diverso. 
Non occorre che tu sia sarta o calzolaio. 
Quelle impari a prenderle da te, giorno dopo giorno.

sabato 23 febbraio 2013

Pochi decimi di secondo


Stavo guardando una gara di discesa libera in tv. 
Un italiano, Christof Innerhofer (dal nome non sembrerebbe ma è altoatesino doc), ha vinto a Garmisch – Partenkirchen  fermando il cronometro sul tempo di 1’37’’83
Cioè in pratica questa specie di “omino a motore” è venuto giù da una collina in poco più di un minuto e mezzo. 
La velocità che può generare un essere umano è strabiliante. 
Chiunque, anche senza avere gli sci agganciati ai piedi, può lanciarsi in discesa libera senza farsi afferrare dagli altri. 
Ci vuole concentrazione, talento e coraggio. 
Chi corre sulla propria pista, scivolando sopra i dossi e aggirando i dislivelli, ha la leggerezza della libertà e il peso della propria forza muscolare. Mentre segue la sua traiettoria, porta con sé le paure, i sentimenti, le ferite, le gioie, i desideri. 
E corre riducendo l’attrito con l’aria. 
E corre, quasi sempre, con il timore e la speranza di essere raggiunto. 
Che, a volte, per la vittoria bastano giusto la volontà e pochi decimi di secondo. 

lunedì 4 febbraio 2013

Do ut des. Anzi tieni pure!


In una giornata in cui tutti chiedono che gli venga restituito qualcosa, io pubblicamente mi propongo per dare indietro una serie di cosette di cui – francamente – sento solo il peso dell’ingombro.

Detto ciò:

  • restituisco al commerciante che IMPUNEMENTE me le ha vendute, un paio di scarpe modello sabot, color azzurro cielo, con inserto pitonato sulla punta (formidabili negli anni ’90, da denuncia oggi);
  • restituisco alla Mulino Bianco  lo spazzolino da denti elettrico e i 250 punti accumulati per averlo, perché mai riuscirà a togliermi la carie procurata dalle 250 scatole di merendine che mi son dovuta mangiare;
  • restituisco alla tv le ore che mi ha inutilmente occupato con la pubblicità dei tampax, con la cronaca dei processi a Silvio B. per i compensi alle olgettine, con l’avviso di pagamento del canone Rai, con "La pupa e il secchione" e con i servizi a manetta sui regali di Natale;
  • restituisco alla motorizzazione civile la patente B perchè è evidente che, considerando il mio stile di guida, me l’hanno data per sbaglio (e restituisco anche la fototessera con espressione da tossicodipendente ad essa allegata);
  • restituisco a Ryanair il volo di ritorno Praga-Roma, su cui ho lasciato un anno della mia vita a causa del mix “turbolenze tipo giostra Tagadà + atterraggio tipo schianto sull’asfalto”;
  • restituisco a più d’un mittente le bugie di ogni forma e colore (piccole, grandi, medie, bianche, nere, opache…), le parole d'amore senza sostanza, le promesse non mantenute, le aspettative mal riposte;
  • restituisco a Cenerentola il Principe Azzurro e io mi tengo il cavallo (tanto vedi foto sopra);
  • restituisco al calendario questo pietoso lunedì 4 febbraio e riverso ogni speranza su martedì 5!

sabato 26 gennaio 2013

2,5 Kg di arance al giorno


Oggi sono seria. Oggi vi segnalo un’iniziativa importante promossa dall'AIRC.
Si chiama “Le arance della salute”.
Visitate http://www.arancedellasalute.it/ 

Se siete in Umbria, ad esempio, le trovate in 90 piazze. Due chili e mezzo di arance (per la spremuta la mattina, per la merenda quando siete in ufficio, per allungare la cottura del pollo, per condire un’insalata agrodolce e quant'altro!) a fronte di un contributo di 9 euro.
Ve la segnalo per vari motivi: perché la neopresidente di AIRC Umbria è persona che stimo, perché AIRC finanzia la ricerca sul cancro, perché ho ascoltato le parole di un medico illuminato (una gran donna, esperta in genetica del cancro) che con voce mite ha scelto parole semplici per spiegare il lavoro che fa.
Un lavoro che coniuga nobiltà e scienza. Uno studio e una pratica quotidiana per procurare utilità a tutti: a me, a te, a chi c’è già e a chi nascerà domani.
La ricerca medica altro non è che la voglia di capire le cose. E di metterle a disposizione degli altri, senza neppure conoscerli.

E allora acquistare un sacchetto di arance, può essere un modo come un altro per dimostrare la nostra empatia con ciò che è ad un attimo da noi. 
Lo diceva anche la Vodafone: tu sei la stella e il mondo ruota intorno a te.

E permettetemi un ringraziamento.
Ai miei genitori, che hanno insegnato a me, e a mio fratello, l’attenzione e non l’indifferenza. 


giovedì 10 gennaio 2013

Home Sweet Home (quattro mura)


Per me la casa deve essere: essenziale, luminosa e bianca.
Se poi questi aggettivi si incastrano geometricamente tra le forme rigide di un loft o tra le pendenze inclinate di una mansarda, allora per me quella casa è il top.
Nel tentativo di assecondare i miei gusti, mi sto dedicando da tempo alla ricerca di un appartamento che sia anche: economico, centrale, panoramico e dotato di box auto.
Le possibilità di trovarlo sono 1 su 1.999.999.999.
Nell’attesa, mi diverto molto a leggere gli annunci delle varie agenzie immobiliari. Sono praticamente tutti uguali: stesso linguaggio specifico, stessa enfasi nelle descrizioni, stessi slogan. Tutto sembra così bello e perfetto che ti sale un entusiasmo da paura e la casa la compreresti con una telefonata, così, sulla fiducia e senza neanche vederla.
Ma attenzione, be careful! Gli agenti immobiliari sono furbi e dietro ogni tecnicismo verbale c’è sempre una realtà fatta di ingannevoli apparenze…

L’annuncio tipo è, più o meno, il seguente:

In pieno centro storico (dato di partenza, dal quale si può agevolmente desumere che l’immobile in questione sarà situato a non meno di 7,5 km dal centro cittadino. Si calcoli dunque un tempo di percorrenza a piedi – per soggetti ben allenati, senza disturbi respiratori e con un passo regolare e riposante – di almeno 105 minuti) grazioso monolocale (secondo dato importante: l’aggettivo “grazioso” associato ad una casa ha pari valore di “simpatica” in relazione ad una donna. Un cesso assicurato!) in ottime condizioni (terzo dato: mi ricorda il gioco del mercatino che facevo da piccola in cortile con le altre bambine, dove piazzavo sempre e soltanto quelle barbie che avevano i capelli intrecciati, le caviglie slogate e i maglioncini infeltriti ma spacciandole per nuove e commuovendomi pure per il distacco) con bagno in camera e cucina a scomparsa (quarto dato, il più significativo. Non è richiesta nè laurea in ingegneria civile, né master in design di interni, basta solo la licenza elementare e la frequenza della lezione di matematica in cui la maestra spiegava le addizioni e sottrazioni. Infatti, se il locale è mono, il bagno è interno a quel mono e la cucina non si sa dove sia finita: quante stanze ha quel locale?). Euro 500,00 (…che te li danno loro se glielo togli dalle palle!)

Ultima nota.
Non so se ci avete fatto caso, ma in fondo alle pagine di annunci immobiliari, di lavoro e matrimoniali c’è sempre la foto e il numero di una chiromante
Forse perché nel 2013 per trovare un mestiere, un marito e una casa giusto la preveggenza ti può dare una mano!


venerdì 4 gennaio 2013

Operazione in corso: attendere prego


Oggi parleremo del Bancomat.
E ne parleremo in 30 secondi, non uno in più né uno in meno.
Perchè, non so se avete notato, ma qualsiasi operazione fatta allo sportello del Bancomat deve essere compiuta in trenta secondi. Dall'ingresso in banca all'inserimento del pin, dal ritiro della carta al prelievo dei contanti: t r e n t a, rigorosamente! 
La cosa mi crea un livello così alto di ansia che io mi sbrigo sempre. Occhio vigile e mano lesta, non sia mai che spunti fuori all'improvviso un fanatico di Mc Gyver, che ho toccato qualche filo scoperto e mi sottrae il contante! 
E poi via, di corsa in macchina, tipo rapinatrice dei miei stessi soldi.
Ciò nonostante, io e il mio Bancomat abbiamo stretto nel tempo un rapporto di leale franchezza
Io arrivo, lui mi riconosce immediatamente e mi parla...

Questo il report del nostro ultimo amichevole colloquio:

B – Bancomat
CC – Correntista Chiara

(B) Chiarè ma sei tornata n'altra volta? (B. è situato in provincia di Perugia). Ma che vuoi prelevà? Al massimo un litro de sangue (e neanche, che bianca come sei c'avrai pure l'anemia). Io lo dico per te, lascia perde! Pensa che ieri è venuto un tipo che ti voleva clonare la carta, poi ha visto il saldo sul conto e s'è così tanto commosso che t'ha subito fatto un bonifico di 200 euro! Dai, veramente, fatti un giro e al massimo chiedi un prestito a tuo fratello (G., ormai celebre giocatore di volley, con titolo di studio in forse ma sulla strada della precoce ricchezza sicura)!
(CC) Eh no B, vedi di non fare lo stronzo proprio oggi! Domani cominciano i saldi, ripeto, S A L D I! Lo capisci che da Zara ci sono i panta militari, le gonne borchiate e le maglie in ecopelle bicolore al 30%? Tu...lo capisci questo??? Aiutami...

E fu così che B ebbe pietà di CC e le concesse – per l'ennesima volta e solo per riconoscenza verso Zara che riveste CC da capo a piedi – 'sti benedetti 240 euroma in comodi pezzi da 5!!!

Che ci volete fare. La mia banca è differente!


martedì 1 gennaio 2013

Per chi non s'accontenta (come direbbe Rowenta)


Credo fosse l’estate del 2003.
Guidavo la mia prima macchina, di seconda mano.
Una strada terribile, non asfaltata, impervia, ripida e piena di buche. Intorno a me il nulla.
All’improvviso sul cruscotto una spia si accende. Quella dell’acqua.
“No, cazzo!! E adesso??”
L’unica cosa che potevo/dovevo fare - per evitare di far fuori il motore - era fermarmi lì, in mezzo a quella strada in salita, in mezzo al nulla.
Poi, all’improvviso, passano due amici. Tirano fuori una bottiglia d’acqua, la versano nel radiatore e la macchina è pronta per ripartire.
Sembrava impossibile ma ce l’avevamo fatta, avete presente lo spot dell’amaro Montenegro? 
U G U A L E!

Arrivo al dunque.

  • Una spia che lampeggia.
  • Un problema, un difetto, un guasto.
  • Una soluzione.
  • Una nuova ripartenza.


Questo è l’augurio che faccio a me stessa e, se volete, ad ognuno di voi, per l’anno che è appena iniziato.
Che nel bel mezzo della vita, e senza alcun preavviso, una spia si accenda per segnalarci ciò che non va, ciò che è da cambiare o da aggiustare o da invertire o da resettare.

Perché ci sia sempre qualcosa di nuovo e di meglio da desiderare.

È il bisogno che si placa, non il desiderio.