martedì 18 dicembre 2012

Se per caso finisse il mondo...


Se per caso finisse il mondo vorrei (prima):

  1. Mangiare almeno un paio di falafel vegetarian a Paris (da King Falafel Palace, naturalmente!)
  2. Sostituire la protagonista dell’ultimo spot pubblicitario del profumo di Roccobarocco, al fine di provarci spudoratamente con ciascuno dei 4 strafighi mori seduti al tavolo
  3. Noleggiare un caterpillar e schiacciare tutte le auto parcheggiate in seconda fila, ma con le quattro frecce lampeggianti, davanti a – nell’ordine – bar, tabacchi, ricevitorie, edicole, alimentari, uffici postali, scuole primarie e secondarie
  4. Entrare “nei peggiori bar de Caracas” e scolarmi alla goccia una cassa di Pampero
  5. Andare ad un concerto di Lauryn Hill e iniziare a gridare (tipo ‘na matta) sulle prime note di Tell Him
  6. Scomporre il mio carattere come fosse un'equazione, portando dietro le parentesi, moltiplicando i pregi coi difetti e sottraendo i limiti e le ansie
  7. Fare un corso di massaggi thailandese, con un thailandese, possibilmente alto e muscoloso
  8. Imparare a baciare al di là delle labbra
  9. Alzare il braccio e parlare dopo che il prete ha ammonito “Chi è a conoscenza di qualche impedimento per il quale quest’uomo e questa donna non dovrebbero unirsi in matrimonio, parli ora o taccia per sempre” (…ma giusto così, per fa’ uno scherzo!)
  10. Non essere più preoccupata di perderti ma godermi l’occupazione di averti, giorno dopo giorno, a tempo indeterminato

 La chicca musicale sopra citata:



lunedì 10 dicembre 2012

A prima Svista


Presbiopia
Quando non vedi bene ciò che hai proprio lì, davanti agli occhi. 
È un difetto della vista. È anche un difetto della vita. 
Si corregge allontanandosi da ciò che si osserva o illuminandolo.
Da quel punto sfocato, quindi, ti puoi allontanare o ci puoi andare sopra con la luce. Oppure, puoi farlo rimanere un semplice punto sfocato. Uno dei tanti. E accontentarti di ciò che malamente appare, senza addentrarti nella sua profondità
Senza fare chiarezza. 
È una questione di distanze. E di prospettive. E di minimi sforzi. E di scelte.

Ad ognuno, le sue sviste. 

(La metafora del lunedì, ore 13.50) 

(Io comunque so' miope...) 

martedì 4 dicembre 2012

Repetita iuvant?


Mi sono accorta che ci sono delle frasi che ripeto, più o meno, ogni giorno della mia vita. 
Alcune ormai escono fuori in modo quasi automatico, senza passare più per il cervello. 
Corde vocali – bocca – aria. 
Chissà, magari sono le stesse che ripetete anche voi, più o meno ogni giorno della vostra vita. 
Alcune hanno poca importanza, eppure le diciamo tante volte. 
Più di grazie, più di oggi è una bella giornata, più di ok ti perdono, più di un semplicissimo sì.

  1. chiarasantilli@, sì tutto attaccato, minuscolo e senza punti (15 volte al giorno, a chi lavora con me)
  2. Ma allora lo fai apposta? Sono in onda il lunedì alle 17.30! (1 volta a settimana, a mia madre)
  3. No (4 volte al giorno, alla rom - con il cellulare e l’estathe - che chiede la carità in centro)
  4. Ho bisogno di una taglia più piccola, per favore (15.892 volte al mese, alla commessa di Intimissimi che fatica ad accettare che, per quanto le dimensioni siano over, la circonferenza del mio torace è small)
  5. Macchiato caldo (2 volte al giorno, al barista che mi serve il caffè)
  6. Rischi il penale, lo sai? (a mio fratello diciottenne, ogni volta che aggiorna il suo stato su facebook)
  7. Eh ormai lasci, che vogliamo fa’? (2 volte a settimana, al salumiere che mi taglia 3 etti e mezzo di prosciutto contro l’unico ettogrammo da me richiesto)
  8. Sono passata a Tre perchè, in effetti, facendo l'abbonamento "un milione di minuti e dodici miliardi di sms" mi offriva la tariffa più conveniente (1 volta ogni due mesi, alla mia carta di credito, di fronte alla fattura)
  9. No grazie, stasera preferisco restare a casa (1 volta al mese, alle mie amiche – senza ciclo – che vogliono fare quattro salti in discoteca)
  10. Che la settimana è iniziata proprio di mer.... ! (a me stessa, un minuto fa)


lunedì 19 novembre 2012

Raramente parlando


Oggi ho pranzato in un posto di cui non posso svelare il nome. 
Per due ragioni.
Prima ragione: mi sa che un nome vero e proprio non ce l’ha (o io comunque non l’ho capito…).
Seconda ragione: il mio commensale sostiene che se poi la gente lo scopre, la voce gira, diventa una moda, lo piazzano su Tripadvisor, i proprietari rivedono il menu e i prezzi sulla carta, l’accoglienza calorosa si raffredda e l’attenzione premurosa che senti riservata solo a te si distribuisce distratta anche ad altri. Ragionamento macchinoso ma condivisibile.
Non vi dico il nome ma ve lo descrivo.
Pochi posti, stufa a legna, tovaglia a quadrettoni, bicchieri di vetro spesso (ve l’ho mai detto che ho una specie di fissazione semipatologica per bicchieri e tazzine da caffè?), pane caldo sfornato dalla signora in cucina, l’autunno della campagna umida intorno.
Non si raggiunge comodamente, non appaga l’occhio al primo sguardo, non vuole apparire più di quanto non è.
Questo posto mi piace come mi piace tutto ciò che è rarità.
Come la genuinità negli esseri umani, come la ferramenta ancora aperta nel centro storico, come le botteghe vintage parigine nel Marais, come il posto finestrino nei voli low cost, come quella traccia del disco che mai diventerà il singolo passato dalle radio.
Come tutta quella bellezza sofisticata che sfugge ad occhi troppo pigri e cuori poco allenati.

A proposito di non – singoli, vi segnalo questo…



mercoledì 7 novembre 2012

Dediche&Dediche (by Santilli)


Credo che ogni donna, oggi, vorrebbe sentirsi un po' come la signora Obama.
Per varie ragioni, è chiaro. 
Ora, escludendo quella che le garantirà vitto e alloggio alla Casa Bianca per altri four years, la ragione vera è che Michelle si è beccata una super dichiarazione universale d'amore dal marito, roba che io pagherei milioni di dollari per avere la stessa, ma anche simile, più corta e grammaticamente scorretta.
Non sarei l'uomo che sono oggi senza la donna che vent'anni fa ha accettato di sposarmi, lasciate che lo dica pubblicamente: Michelle, non ti ho mai amato tanto.

Good, Mr President!
Ma io ce credo poco...
Pertanto, considerato il cinismo, la scarsa profondità sentimentale e l'inattitudine al romanticismo che – pare – connoti da sempre la mia persona, non voglio in alcun modo lasciarmi influenzare da queste belle e profumate parole. 
Resto immobile sulle mie convinzioni: un uomo caloroso e devoto come Barack non esiste.
E, in tale perseveranza, continuo a ripetere a me stessa – e alle altre donne sensibili a questa presunta idea - che un uomo non è e non sarà mai una fonte di calore
Perciò, Santilli, se nel prossimo inverno 2012-2013 sentirai freddo, non contare sull'abbraccio di un uomo ma acquista oggetti veramente utili a tal fine: 
  • stufa a pellet;
  • scaldabagno elettrico; 
  • termocoperta;
  • e, l'immancabile, plaid a quadrettoni della Gabel!



lunedì 22 ottobre 2012

Tre(nta) sono le cose che devo ricordarmi di dire...


Trent’anni come un puzzle che sta insieme per l’incastro dei suoi pezzi.
Pezzi appuntiti, pezzi arrotondati. Pezzi sporgenti, pezzi incavati. Pezzi destinati a stare insieme, chè da soli non servirebbero a nulla. Pezzi che sento tutti sulla mia pelle, appiccicati come l’adesivo di un cerotto. Pezzi che scivolano giù, uno dopo l’altro.

Il grembiule rosa a quadretti del primo giorno di scuola.
Io e Giulio sotto le coperte, nel lettone dei miei.
La mano ruvida di mio nonno poggiata sulla mia.
Il primo file salvato su floppy disk.
L’esame di maturità e io che non mi sono alzata finché la commissione non ha ritrovato il foglio con la mia versione di latino (perché i miei appunti valevano come l'oro!).
“Caffè Alicante” in libreria.
Mia cugina Tania in abito da sposa.
Gianna Nannini live ad Arezzo Wave.
Il foglio rosa.
Un uomo in divisa militare e il modo in cui mi ha guardata.
Il giorno in cui ho capito che non avrei fatto l’avvocato.
Il giorno in cui l’ho accettato.
Le mie “solite” amiche e la loro costanza nell’esserci.
La prima navigazione nel web.
Il viaggio di ritorno da Lecce, in treno, un agosto di qualche anno fa (cose da non ripetere più nella vita).
Gli anfibi marroni Dr Martens e la sensazione di onnipotenza sentendoli allacciati ai piedi.
I pranzi della domenica e il profumo del sugo di mia madre.
Il film “La vita è bella” e la potenza gentile che mi ha trasmesso.
Ogni città visitata, ogni strada calpestata, ogni cultura respirata, ogni viso nuovo e diverso incontrato, ogni lingua ascoltata.
Il primo doppio cheeseburger da Mc Donald’s.
Fiorella Mannoia al telefono della radio.
Le occasioni colte.
Le occasioni mancate.
La tesi di laurea rilegata e il virus intestinale il giorno prima della discussione.
Ogni primo bacio.
Ogni prima volta.
Il pane e zucchero preparato dalla nonna per curare ogni mia malattia.
Le persone che mi hanno ferito.
Il tempo che mi ha, sempre, curato.
Francesca che torna e il nostro bene che non se n’era mai andato.

Trenta.
E allora, Auguri Chiara.

lunedì 15 ottobre 2012

Sua Altezza, Baumgartner




È indiscutibilmente questo l’argomento del giorno.
Per 24 ore sono passati in secondo piano: il processo a Schettino, la Legge di stabilità e la presunta gravidanza di Belen.
Oggi la notizia (quella con l’articolo determinativo) plana (in senso letterale) sul record di Felix, uno con un nome che somiglia a quello di un gatto ma che ha, decisamente, un coraggio da leone.
Dunque, cosa avrebbe fatto il tizio proveniente dai monti austriaci? Nient’altro che lanciarsi nel vuoto da 39 chilometri (puoi leggere anche: t r e n t a n o v e m i l a m e t r i) appeso a un pallone di elio.
La cosa ha dello strabiliante. Non c’è dubbio.
Non solo perché il tizio, Felix, è ancora in vita (cosa per nulla scontata considerate le radiazioni, le onde d’urto e la circolazione che poteva tranquillamente fargli bollire il sangue come l’acqua prima di calare gli spaghetti) ma soprattutto perché, per la prima volta, un uomo ha infranto la barriera del suono a 57 gradi sotto zero.

Questa notizia mi piace.
Perché dimostra che le possibilità umane sono sconfinate e che le barriere sono (quasi) sempre più fragili delle menti ostinate.
Felix ha compiuto la sua impresa. Certo, ha fatto le cose “in grande”, sotto l’occhio della scienza e dei media del mondo.
Ma ogni giorno, più o meno anonimamente, milioni di altri uomini e donne compiono, anch'essi, la propria.
Alzarsi ogni mattina col sole ancora spento. Pagare un fornitore. Non lamentarsi del tempo e dei malanni di stagione. Resistere sul mercato nonostante la concorrenza cinese. Innamorarsi. Mantenere la calma. Ricordarsi a memoria il numero di una persona cara. Mettere al mondo un figlio. Affrontare la fila alle poste. Cucinare un soufflé senza farlo sgonfiare. 
Sono tutte imprese. Piccole. Grandi. Quotidiane. E di una certa utilità.
Siamo, pur sempre, umani.

Felix, dalla sua altezza, ha detto: “A volte bisogna andare veramente in alto per vedere come siamo piccoli”.


martedì 9 ottobre 2012

L'ultima visita di WhatsApp


Che scritta così sa molto di titolo di un film drammatico in bianco e nero, dove lui scompare nella nebbia e lei resta in mezzo alla strada, sola e desolata, con il viso umido di lacrime stretto tra le mani.
E invece è semplicemente quella righetta di frase che sta sotto il tuo nome e che indica l’orario esatto in cui hai chattato per l’ultima volta.

Mi urta. L’ultima visita di WhatsApp mi urta.

Perché mi ricorda quando da piccola giocavo a nascondino e c’era sempre lo stronzetto (o la stronzetta) di turno che faceva la spia e passava l’informazione del mio nascondiglio a chi faceva la conta.

Alla fine c’è sempre qualcun altro che sa cosa fai e quando lo fai.

È probabilmente questo il dazio da pagare per essere “social”
Accettare di essere invasi.
Io posso condividere tutto, in tempo reale e senza confini. 
Tu (genericamente tu) mi rubi piccoli gesti quotidiani e li rivendi nel mercato della rete.

Post telegrafico, oggi.
Perché per essere “social” devi pure essere “short”.

lunedì 1 ottobre 2012

Per la vita che verrà (puntini puntini)



Ho ritrovato una vecchia foto in bianco e nero che ritrae i miei nonni da giovani, appena sposati.
La bellezza dei loro corpi vicini è disarmante.
Hanno espressioni inconsapevoli. Naturali. Imperfette. (Perché, allora, le foto si facevano per le cornici e non per il web).
Beh, li ho guardati e mi sono pentita di non avergli mai domandato (quando ne avevo la possibilità) se avevano o meno la consapevolezza che sarebbero stati insieme per tutta la vita (perché così è stato). 
Se pensavano di essere, l’uno per l’altra, la rappresentazione corporea del loro reciproco ideale di unione.
Se hanno mai vacillato, se hanno mai avuto paura, se hanno mai stretto tra le mani la felicità.

A me l’idea di un vincolo indissolubile spaventa quasi come l’affacciarmi dal sesto piano di un palazzo. 
E allo stesso modo mi spaventano gli ideali, che troppo facilmente si sgretolano e scivolano di mano. 
Eppure penso sia meraviglioso avere la capacità di amare in prospettiva
Mi fa venire in mente il gioco delle biglie che si fa sulla sabbia. Non serve imprimere forza, basta una piccola spinta con la punta delle dita e la biglia rotola, libera, lungo la sua direzione. 
Con leggerezza e con un soffio di vento a favore.

Rubo un paio di righe alla musica.

(...) Noi rimarremo insieme
Se noi ci capiremo
Se ci perdoneremo
Gli sbagli che faremo
Noi rimarremo insieme
Se avremo volontà
Se riusciremo insieme a darci libertà
E per la vita che verrà
Tu non sarai mai sola (...)
 Jovanotti, Per la vita che verrà (Album "L’albero", 1997)

E comunque, se proprio devo essere onesta, io un uomo ideale ce l'ho...è il tipo della pubblicità di "Immobildream". 
Perchè lui "non vende sogni ma solide realtà"!



giovedì 20 settembre 2012

# se # allora


Se hai in mano la tazzina del caffè bollente e sei lì lì per starnutire

Se esci di casa a metà settembre con una camicia e un cardigan leggero e ti accorgi, troppo tardi, che la temperatura è improvvisamente la stessa del 20 gennaio

Se qualcuno ti dice con aria stupita: “Mi avevi inviato un sms??? E no! Impossibile! Non mi è arrivato!” (perché si sa che gli ingegneri della Nokia, in fondo in fondo, sono degli incompetenti)

Se oggi è già domani (e fortunatamente ci sei arrivato)

Se i “disinfettati musicali” ti guardano come se avessi la peste perchè non conosci i FracazzTownBridgeOnTheBoard e canti ancora Mille giorni di te e di me di Baglioni (che troppo devono suonare i FracazzTownBridgeOnTheBoard per vendere i dischi che ha venduto Baglioni)

Se desideri rallentare il tempo perchè in quel tempo hai tutto ciò di cui hai bisogno, magari racchiuso in un corpo accanto

Se usi la parola crisi per vivacizzare le idee delle persone e non per immobilizzarle

Se accendi la tv pubblica e il top della notizia è Kate in topless

Se “La poesia non è di chi la scrive ma di chi gli serve” (e cito quel genio di Troisi ne Il Postino)

Se finalmente trovi un lavoro, uno di quelli regolari, uno di quelli in cui ti pagano con soldi veri e non con le banconote del Monopoli

Allora hai delle valide ragioni per far scivolare sulla bocca la leggerezza di un sorriso. 

mercoledì 12 settembre 2012

Se la matematica non è un'opinione



RINUNCIO IMMEDIATAMENTE:

al 10% della mia inattitudine alla frivolezza (devota, come sono, all'infallibilità);

al 15% della sensazione rassicurante che la mia faccia "da brava ragazza" trasmette sempre, a chiunque;

al 20% di convinzione testarda che gli uomini siano come le cialde del caffè Lavazza, "A Modo Mio";

al 10% della mia educata reverenza verso il prossimo (che comporta frasi tipo: “Spero di non disturbare”, “Oh scusami tanto”, “Accidenti non volevo, quanto mi dispiace”…posto che in parecchi ancora si devono dispiacere per me);

al 30% del “generatore mentale di paranoie mascherate da problemi seri”, dislocato in qualche zona amena della mia scatola cranica;

al 10% di diplomazia nel mantenere inalterato ogni genere di rapporto interpersonale (diplomazia che mi succhia dalle arterie gran parte delle energie quotidiane).

al 5% della puntualità agli appuntamenti che tanto mi tocca sempre smanettare con il cellulare nell’attesa degli altri;

PER AVERE IN CAMBIO:

il 100% di uno sfrenato e spudorato senso del “quando-sto-bene-io-stanno-bene-tutti”. E ‘sticazzi!

(Spero solo di aver fatto bene i conti…)

lunedì 10 settembre 2012

(mai) Senza Parole!



Quante volte vi è capitato di esclamare: “Sono senza parole!”.
A me tantissime.
Lo dico quando qualcosa che non mi aspetto mi sorprende, mi si catapulta addosso lasciandomi cerebralmente impotente.
Poi, però, penso a quei signori che hanno tanto faticato per riempire di inchiostro le migliaia di pagine del vocabolario della lingua italiana. Penso alle loro menti zelanti e me li sento tutti sulla coscienza.
Il lessico comune è composto da circa 47.000 vocaboli.
Ergo, è matematicamente impossibile – nonché  vietato per rispetto di Tullio De Mauro & company – rimanere senza parole!

Detto ciò, sceglierò alcune situazioni-tipo e vi dimostrerò che c’è sempre una parola per tutto…

Situazione 1
Arrivate in una piazzetta dimenticata dal mondo, a un paio di km dal centro storico. Parcheggiate la vostra auto all’interno delle strisce blu, vi dirigete al parchimetro e scoprite che la tariffa oraria è pari ad 2 euro e 60! 
Siete senza parole? Eh no...
La parola c’è ed è: FURTO (s.m. sottrazione fraudolenta di oggetti altrui per trarne un utile personale)

Situazione 2
Amate con devozione il vostro partner e gli riservate il 99% delle vostre energie mentali, motivazionali ed emotive e ricevete in cambio solo lo 0,7% delle sue. 
Siete senza parole? Eh no...
La parola c’è ed è: TRONCATRICE (s.f. macchina a lama o a disco abrasivo per tagliare trafilati…ma dice che funziona anche per gli arti umani…)

Situazione 3
Avete sudato una laurea in legge, avete donato due anni della vostra vita alla pratica forense, avete pure superato brillantemente l’esame per diventare avvocato e scoprite che il lavoro che vorreste fare nella vita è lo speaker radiofonico
Siete senza parole? Eh no...
La parola c’è ed è: CHECKUP (s.m. serie di accertamenti clinici cui può essere periodicamente sottoposta una persona per avere un quadro completo del suo stato di salute)

Situazione 4
Vi accorgete di vivere in una società in cui le persone sono puntuali agli appuntamenti, gentili sempre (e non solo quando hanno bisogno di voi), educate, serie, affidabili, riconoscenti e coerenti (sì è sì, no è no, oggi è oggi). 
Siete senza parole? Eh no...
La parola c’è ed è: MIRACOLO (s.m. fatto che si ritiene dovuto a un intervento soprannaturale, in quanto supera i limiti delle normali prevedibilità dell’accadere o va oltre le possibilità dell’azione umana).

Concluderei così.
Se questo post fosse una canzone sarebbe una delle migliori di Vasco...

“e ho guardato dentro un’emozione
 e ci ho visto dentro tanto amore
 che ho capito perchè non si comanda al cuore
 e va bene così, senza parole”
 (Senza Parole, 1994)

venerdì 31 agosto 2012

Voglio una vita elasticizzata



Da ragazzina avevo solo certezze.
Non avrei mai calzato scarpe che non fossero Hogan. 
Avrei indossato una pesante toga nera per lavorare. 
Avrei dato fiducia solo ai politici di destra. 
Non avrei mai messo piede in una tenda da campeggio. 
Avrei guidato una station wagon Bmw nera con interni in pelle. 
Avrei sempre mantenuto il controllo delle mie convinzioni e delle mie emozioni.

Da ragazzina, insomma, gli elementi di somiglianza con “la donna bionica” erano innumerevoli.

Poi è arrivato il tempo e ha fatto tutto da sé.
Ha afferrato questa macchina perfetta di autogestione e l'ha scossa un po’. 
Rendendola imperfetta, usurata.
I freni più lenti, le valvole più aperte, i punti fermi più mossi, gli ingranaggi più sensibili.

Ho calzato scarpe acquistate in una bancarella.
Ho indossato cuffie per lavorare.
Ho condiviso qualche idea di Beppe Grillo.
Ho dormito nelle tende ghiacciate dell'Aquila ferita.
Ho guidato una Yaris grigia di seconda mano.
Ho abbandonato numerose convinzioni ed altrettante emozioni.

“La volontà di controllo genera mostri”. (L'ha detto qualcuno e io lo sottoscrivo)
Sia delle situazioni che degli esseri umani. (Mi permetto di aggiungere)

Ciò che davvero conta è il controllo della volontà.

La volontà di accettare le variazioni della vita e della propria natura.
La volontà di resistere. La volontà di lasciarsi addomesticare.
La volontà di godere di ciò che si ha, senza mai perdere l'attesa di stravolgenti novità.

Tesi e morbidi, come gli elastici.


martedì 28 agosto 2012

L'ha detto la televisione...



che da giovedì prossimo in Italia arriverà “Poppea” (e mi sento chiamata in causa)

che il prezzo della benzina è salito alle stelle e bisogna iniziare a pensare a mezzi di locomozione alternativi (asino da soma in pole position)

che per trovare l'anima gemella basta inviare un sms al 484848

che per combattere la calura estiva occorre consumare solo ananas, anguria, carota, cetriolo, lattuga, pomodorino pachino, orzo, farro e menta (e la cotoletta impanata la rivedi verso Natale)

che la digestione di un pasto medio dura dalle 2 alle 3 ore e che se provi a tuffarti in piscina anche solo un minuto prima, collassi con effetto immediato (e scordati pure le 26.358 puntate di Baywatch)

che dove c'è Barilla c'è casa (ma se a casa non hai il sugo te attacchi)

che lo spread vola a 435 e Piazza Affari chiude a +0,89% (e mio nonno se li segna perchè è convinto che siano le estrazioni del lotto)

che se giochi a win for life e vinci, hai 1000 euro al mese sicuri per tutta la vita (e anche qualche nuovo amico)

che se qualche volta leggessi un libro e spegnessi la televisione, tanto male 'n te farebbe!


domenica 12 agosto 2012

Mi porto giusto due cosette



Tempo di vacanze. Tempo di partenze. Tempo di valigie.
Il senso pratico e la capacità organizzativa di una persona si possono desumere – con altissimo margine di precisione – anche dalle tecniche utilizzate nella complicata attività di riempimento bagaglio.
E allora c’è chi potrebbe farlo di mestiere tanta è la sua disinvoltura (“E tu che lavoro fai?” – “Io faccio l’istruttore di bagagli a mano” – “Ahpperò”) e chi, invece, è soffocato dall’ansia da prestazione e gira per ore intorno al trolley con in mano la lista delle cose da portare (redatta minimo sette giorni prima su foglio excel).

Io appartengo alla seconda categoria. Lo ammetto (senza vergogna).

Come molte persone (donne, in genere), anch’io quando devo partire per una vacanza – breve o lunga che sia – devo avere con me tutto quanto ritengo indispensabile.
Ma cosa si intende per “indispensabile”?
E' importante! Perchè il nodo della questione sta tutto intorno a questo aggettivo: i n d i s p e n s a b i l e.
E il contenuto del bagaglio dipenderà unicamente dalla sua interpretazione…

Per come lo interpreto io, nel corso della mia vacanza avrò senz’altro bisogno di:
  • cerotti e medicine (della serie “evviva l’ottimismo!”, me li porto perché vuoi vedere che al primo giorno di mare scivolo su uno scoglio e mi squarcio mezzo polpaccio e poi mi viene la febbre e mi serve la tachipirina??);
  • set di lenzuola con 4 federe, coprimaterasso, asciugamani, tende a rullo e tappetino per il bagno (della serie “pulizia e igiene 100%”, me li porto perché vuoi vedere che per soli 150,00 euro a notte me fanno dormi’ in una topaia invasa da nidi di acari e micro batteri?)
  • cambi d’abito per h24 (della serie “two is mej che one”, me li porto perché vuoi vedere che a colazione mi cade la marmellata sulla t-shirt, a pranzo il sugo sul pareo, all’aperitivo lo spritz sul vestito, a cena il filetto con aceto balsamico sulla zeppa?)
  • l’intera biblioteca in salotto (della serie “in vacanza siamo tutti più intellettuali”, i dodici volumi delle Opere di Freud, il dizionario Zanichelli e la trilogia de Il Signore degli Anelli me li porto, punto!)
  • la canoa, la mountain bike, i racchettoni professionali, il Super Tele, gli sci d’acqua, la mazza da golf e le corde da arrampicata (me li porto tutti, che vuoi vedere che tra quattro anni alle Olimpiadi gareggio pure io?!!!)
Buone vacanze, amici lettori!!!

lunedì 30 luglio 2012

No party. I prefer S A G R A



Se anche voi - come me - almeno una decina di volte nella vita siete stati ad una Sagra, troverete della “verosimiglianza” in ciò che scriverò.
Dicesi sagra, quella festa che – da giugno a settembre – anima una quantità incalcolabile di paesi e paesini dell’Umbria (e non solo, ovviamente). In genere “monotematiche”, cioè dedicate ad un piatto tipico (dalla cipolla, alla torta al testo, finanche alla polenta con salsicce – che si sa essere uno dei piatti estivi per eccellenza!), le sagre si caratterizzano soprattutto per i personaggi che abitualmente le frequentano.
Sempre gli stessi, anno dopo anno, estate dopo estate.
Eccone alcuni.

Marito&Moglie over 60
Ore 18.30 sono già in postazione – prima fila davanti al palco dell’orchestra che suonerà alle 21.30 – muniti di: bottiglia di acqua da 1,5 litri portata da casa e maglia manica lunga in lana sulle spalle (perché la sera rinfresca).

La corista-muta dell’orchestra
Mora, abbronzatissima, con minigonna lucida e top paillettato, zeppa 12 cm e orecchini dimensione “uovo di Pasqua”, la corista-muta non avvicina mai la bocca al microfono. Si limita a muovere l’anca da destra verso sinistra (si fermerà solo quando staccheranno la spina del mixer) e a cantare in playback il ritornello di “Sciolgo le trecce ai cavalli, corrono…”.

L’esperto
Manco fosse un critico gastronomico della Guida Michelin, l’esperto è colui che “le gira tutte”, dal lunedì alla domenica no stop (si dice abbia un fegato a forma di torta al testo con pecorino e rucola…).

Il modaiolo alternativo
Arriva in pista con aria da vero “conquistatore di femmine”. E del resto lui può…
Con panta della tuta alla caviglia, canotta bianca, catena in oro purissimo e marsupio nero multi tasche rigorosamente “a vita alta”…lui senz’altro può!

Le vedove
Arrivano in gruppi da 3 o 4 e non sembrano particolarmente disperate per la dipartita del coniuge! Tra di loro c’è: la sintetica (total look 50% poliestere e 50% acrilico); la swarovski (c’ha le paillettes anche sulla pinza per capelli); la moderna (con accessori tra il maculato e il panterato).

Il minore viziato
Di età compresa tra i 6 e i 12 anni, è capace di investire in meno di un'ora l’intera pensione del nonno in: caramelle gommose e liquirizie, palloncini ad elio, pesca di beneficenza. Corre ininterrottamente per tutta la sera con le sue scarpine con luci a led intermittenti sulle suole. (Il nonno – se è di quelli parecchio pazienti – lo riporterà a casa presto con quattro schiaffi e qualche imprecazione!).

Anche questa è vita!


lunedì 23 luglio 2012

In yogurt veritas



Sarà capitato anche a voi.
Di aprire il vasetto dello yogurt e di leccare  - ancor prima di averci affondato dentro il cucchiaio - lo strato cremoso depositato sulla pellicola di alluminio.
Io compro le confezioni di yogurt (rigorosamente nel doppio gusto frutti di bosco e cereali) solo ed esclusivamente per questa ragione.
Per quel mezzo secondo di piacere.
Così lo yogurt, con la sua pellicola da ripulire, diventa per me metafora dell’esistenza.
L’esistenza, quella fatta di piccoli piaceri istantanei lunghi quanto il tempo di portar via con la lingua lo yogurt incollato sulla pellicola.
Van via troppo veloci, porcaccia miseria.
Attimi ristretti che neppure un elastico li allungherebbe di più.
E poi ti resta il resto.
Quei 125 grammi di crema biancastra con pezzi di frutta (e centinaia di semini incastrati tra i denti). Che mai avranno lo stesso sapore di ciò che hai solo appena assaggiato.
Non siamo proprietari di niente, nemmeno della nostra felicità.

Sa un cavolo la Muller!

lunedì 16 luglio 2012

Sei veramente indipendente se...



Mantieni l'autocontrollo ed eviti attacchi di panico nonostante l’assenza del benzinaio al distributore automatico

Hai acquistato un qualsiasi prodotto tecnologico e l’hai pagato “in un’unica soluzione” e non “in comode rate da 15 euro e 90”

Con l’indice di una mano tocchi l’e-book mentre con l’altro tieni il segno delle pagine di carta di un libro (vero)

Conosci almeno tre lingue, compresa quella italiana (e compreso l’uso dei congiuntivi e delle parole con l’acca)

Sai ritrovare una strada chiedendo informazioni a persone vive e non a voci metalliche pre-registrate

Hai il dono dell’ottimismo

Ti affianchi appena allo sfrecciare delle mode passeggere ma vai più veloce e le sorpassi

Non ti privi di ogni tentazione e assecondi quelle che potranno regalarti momenti di felicità

Se vuoi andare a cena fuori, sali in macchina (la tua macchina, di cui paghi bollo, carburante e assicurazione) e TI porti nel ristorante che più ti piace. Poi torni a casa (la tua casa, quella senza mutuo trentennale)

Sei consapevole che le persone che ami, le devi amare e basta (ma sempre un pochino meno di quanto ami te)

Alla coda in macchina rovente verso i luoghi di villeggiatura, preferisci la replica in tv de L’Ispettore Derrick


giovedì 21 giugno 2012

APP.unto!


Da quando ho l’iPhone non potete capire quanto mi sento moderna, giovane e al passo coi tempi.
Un passo “zoppo”, via, perché quest’aggeggio è intuitivo per tutti tranne che per me!
Ho avuto bisogno di vari tutor che facilitassero il mio apprendimento e mi guidassero nella scoperta del variegato mondo delle app.
Ed ho notato che ce ne sono alcune eccezionali ed altre veramente allucinanti (tipo quella che ti misura la febbre o quella anti panico per chi ha paura di volarecioè il passeggero può ascoltare la voce di un terapeuta e calmarsi – …words fail me!).

Ciò nonostante, io temo che alla genialità tecnologica di Apple qualcosa sia sfuggito e che non è proprio esatto lo slogan “C’è un’app per tutto”per qualcosa, infatti, non c’è.

Esempi.

Non c’è un’app per superare la prova costume senza dover rinunciare a pasta, pane, pizza, nutella e bevande gassate. 
Non c’è un’app per trasformare in tatto certi pensieri. 
Non c’è un’app per far sì che la tv si accenda da sola quando tu ti sei appena distesa sul divano e ti accorgi che pure il telecomando è ben disteso sul tavolo della cucina!
Non c’è un’app per rendere consapevoli certi soggetti che la loro presenza sulla terra non è per nulla indispensabile alla sopravvivenza della specie. 
Non c’è un’app per tonificare pancia, cosce e glutei con un semplice touch e senza neanche bisogno della tuta. 
Non c’è un’app per aumentare automaticamente le cifre del mio conto corrente alla fine di ogni mese. 
Non c’è un’app per sincronizzare l’amore di coppia: del tipo, ci amiamo entrambi - ci amiamo entrambi tanto - ci amiamo entrambi tanto e adesso. 
E, infine, non c’è un’app per far capire a tutti noi “iphone entusiasti e dipendenti”, che non sarà mai un telefono intelligente a renderci più socievoli e più connessi con il mondo ma solo la spinta racchiusa nel nostro cervello!

N.B. ora le inventeranno tutte e non me daranno neanche 1 euro di diritti...! APP.unto!

giovedì 7 giugno 2012

Ricchi&famosi (a libera interpretazione)




Rifletto sempre sulle cose che accadono in giorni anonimi e in orari banalmente noiosi.

Martedì mattina, le nove.
Esco di casa di fretta. Mi aspettano in radio, devo intervistare Pietro Valsecchi, il produttore televisivo e cinematografico.
L'agenda l'ho presa, il profumo sul collo l'ho spruzzato, il filo di rimmel sulle ciglia c'è, la borsa è appesa all'avambraccio. 
Sono in garage. Tiro fuori le chiavi della macchina. Apro la portiera. Un metro più in là il mio cane mi fissa.

Che c'è di strano? Direte voi.

Di strano c'è che il mio cane non lo vedevo da cinque anni
Da quando si era allontanato silenziosamente dopo la morte di mia nonna
E invece martedì era lì, che mi guardava. Sempre silenziosamente.

La giornata poi è andata avanti, con un incontro decisivo e importante.
Forse si farà un film ispirato al mio romanzo, Caffè Alicante.

Ecco, vorrei scrivere di più ma cosa c'è di più da dire?

L'unico pensiero che riesco ad incastrare tra queste righe è l'immagine di un ricordo che riaffiora, ogni tanto.
Mia nonna che una volta, guardandomi, mi ha detto: “ Tu diventerai qualcuno”.

Che bell'augurio e che bel verbo "diventare".

Diventerai qualcuno non vuol dire diventerai famosa.
Tutt'altro.
Vuol dire avrai la capacità di trasformarti, di rinnovarti, di essere anche altro nel tempo e nello spazio.
Vuol dire Avrai sempre qualcosa di diverso da ciò che avevi prima.

È di questa ricchezza che voglio piena la vita.


lunedì 4 giugno 2012

Earthquake (giusto un paio di riflessioni)



L'Italia trema.
L'Italia ci fa ballare. Di paura.
Secondo me l’Italia ha un cervello. E pensa.
Pensa anche lei al suo futuro incerto e si muove. Si agita. Dondola.
Solleva lo sguardo e osserva chi le salta sopra con poco rispetto. Chi la usa come fosse un bidone della spazzatura. Chi la crede resistente abbastanza da appoggiarle sopra case e fabbriche da quattro soldi. Chi la sbeffeggia alle spalle come un amico infedele. Chi impedisce che i suoi figli più giovani siano orgogliosi di lei e li costringe ad andare altrove. Chi permette che tutti, indistintamente e senza regole, la possano calpestare.
Siamo un popolo strano. Per nulla abituato ad imparare dagli errori.
Sappiamo che basterebbero piccole accortezze per evitare grandi tragedie ma a noi checcefrega? Noi ci penseremo più in là.
E voi che esagerate, che vi inventate regole e regolette, che volete prevenire, voi sì…porterete mica un po' sfiga?
Noi siamo bravi. Bravi ad arrivare un attimo dopo e quasi mai un attimo prima.
Poi però è vero, sappiamo essere efficienti e generosi.
Come noi, nessuno al mondo.
Ma sempre in ritardo. 
Più comoda la miopia che la lungimiranza.
Tanto noi, poi, facciamo le inchieste…

lunedì 28 maggio 2012

effe emme


“Santilli, organizza i casting che partiamo”.

L'idea è nata più o meno così 
Poi è arrivato Umbria Radio Young.
Un progetto, anzi, di più.
Un’opportunità per coltivare una passione. Per mettersi alla prova. Per intrecciare relazioni. Per trovare il proprio trampolino di lancio. Per riascoltare la propria voce in macchina, fermi ad un semaforo. Per stupirsi della potenza della comunicazione. Per capire che esistono regole, anche non gradite, da rispettare. Per provare il brivido di una diretta. Per sentire nelle orecchie il fastidio delle cuffie troppo alte. Per stare in vetrina in una piccola città di provincia. Per capire che si è portati per tutt’altro. Per intercettare i segnali umani dallo studio alla cabina di regia, filtrati attraverso i riflessi di un vetro. Per apprezzare il valore di una impeccabile dizione (rinunciando al dònca). Per ritrovarsi in televisione. Per sentirsi parte di un gruppo. Per far nascere amicizie. Per il privilegio di poter dire “se vuoi sentirmi, accendi la radio”!

In numeri...
7 mesi di trasmissioni
5 programmi settimanali
21 under 30
Più di 50 ospiti intervistati (ma molti di più…)
600 facebook’s friends
1 centinaio di gingolini prodotti (by Michele Patucca)
1 migliaio di e-mail scambiate (cioè, unilateralmente inviate da me a loro)
Altrettanti “colpi” inviati (da loro a me)













Molte grazie...

martedì 22 maggio 2012

Ce l'ho. Manca.



Signori che invenzione l’iPod!
Se penso che dieci anni fa la musica te la dovevi registrare in cassetta dalla radio (con lo speaker che entrava sempre con la sua voce irritante a trenta secondi dalla fine rovinando tre minuti di lavoro intenso!) oppure dovevi aspettare Festivalbar (con il mitico Salvetti) per sapere quali sarebbero state le hit dell’estate (cavolo, però, quanto mi manca Festivalbar!! Era il segnale di inizio dell’estate, altro che le meteorine!), quante cose sono cambiate!
Ora, invece, se ti piace una canzone te la prendi con un clic del mouse in mezzo minuto.
Te la infili nell’iPod e via.
Bello. Democraticamente bello.
Perché la musica è la cosa più democratica che c’è: è per la gente ed è la gente che la governa.  

A me la musica mi svolta le giornate. Giuro.
(“A me mi”, bello. Arbitrariamente bello)

Ho intervistato da poco Giovanni Guidi - classe 1985, enfant prodige del jazz – che ha così dichiarato «Totale e no global la mia passione per tutta la musica».
Beh io condivido, mi piace molto questa idea di totalità. Questa opportunità di scelta, dal jazz al pop, dal rock al reggae, dal rhythm and blues alla disco music ecc…

Io ascolto tutto.
Poi scelgo, cosa è obbligo avere e cosa è possibile far mancare.

CE L’HO…
Funky Bahia, Sergio Mendes feat Will I Am & Siedah Garret
Il negozio di antiquariato, Niccolò Fabi
How deep is your love, Bee Gees
Fango, Jovanotti
Billie Jean, Michael Jackson
Un’avventura, Lucio Battisti
Hit the road Jack, Ray Charles
Oggi sono io, Mina (version)
You get what you give, New Radicals
Amandoti, Gianna Nannini
En el muelle de San Blas, Manà
Can’t take my eyes off of you, Lauryn Hill (version)
Ed ho in mente te, Equipe 84
High and dry, Radiohead
Il mare d’inverno, Loredana Bertè
Is this love, Bob Marley
Ti pretendo, Raf
Like a prayer, Madonna
Soli, Adriano Celentano
New shoes, Paolo Nutini

MANCA…
Lui (e chi per lui), tanto senza che ve lo ripeto lo sapete già…

sabato 19 maggio 2012

Giallo limonare o Rosso pomodoro?



Da qualche giorno il mio simpaticissimo amico Andreino ha aperto un blog di moda – e di stile – dal nome emblematicamente originale: Giallo Limonare.
Questo il link per visitarlo: http://giallolimonare.blogspot.it/
Per chi non lo conoscesse – ma saranno rimasti in 3 nel mondo – Andreino, seppur very young, è già very popular in Umbria ed è facilmente riconoscibile dal suo modo di vestire elegante, ricercato e trendy.
E poi è portatore sano di allegria, questo gli va riconosciuto!
(Ci siamo fatti una seratina a Roma indimenticabile, passata a cantare tutto il repertorio neomelodico italiano, da Gianni Togni ai New Trolls, senza sbagliare neanche una strofa…)
Ma tornando al suo blog, “Giallo Limonare” ha sì nello sfondo una vagonata di limoni, i quali però vanno intesi in senso ampio e meno naturalistico, di “love for all” per capirci.
Limone non come rimedio casalingo contro i simpatici scherzi del nostro organismo, quanto piuttosto come gesto di generosa apertura verso gli umani, anche nella dimensione ‘ndo coglio coglio…
Con questo giochetto modaiolo, però, il Prince/Lord Andreino si è guadagnato, in un paio di giorni, lo stesso numero di visualizzazioni che io ho totalizzato praticamente in due mesi (o giù di lì).

Santilli, tu che tenti di scrivere robe di concetto, qualche domandina te la vuoi fare???

Perché, parliamoci chiaro, la priorità assoluta di chi possiede un blog non è la necessità di esprimersi e raccontarsi alla moltitudine di utenti della rete ma portare la moltitudine di utenti della rete verso il proprio spazio virtuale!!
Roba che inizi a non dormirci la notte, che calcoli l’orario e il giorno più conveniente per pubblicare un post (assolutamente sconsigliati giorni festivi e domeniche), che spammi ovunque ciò che scrivi per godere non appena la linea di tendenza del grafico degli accessi si impenna verso l’alto.

Perché noi bloggers, in fondo, siamo tutti un po’ egocentrici...

Ragion per cui ho pensato che per far girare forte il contatore delle mie visite avrei dovuto prendere esempio dai bloggers di moda: studiare un outfit di tendenza, fotografarmi in una posa vagamente spontanea e commentarmi inserendo i giusti termini english …OK, PROVIAMO...

Chiara Santilli Blog versione Rosso pomodoro.


WATCH: Rolex Air King. (Regalo di papà Corrado che, a dire il vero, m’aveva promesso il cronografo Daytona ma se vede che poi ha fatto due conti e ha optato per il più economico “modello base”)
SCARF: Botteghina pakistana near Fontana di Trevi. Con 10 euro me ne hanno regalate due e io ho pensato “toh, che affarone!”. Dopo il primo lavaggio sono diventate rigide come il compensato. (Dice che anche il pakistano ha avuto il mio stesso pensiero…)
BRACELET: Mustafà, vucumpà marocchino a cui ho donato ‘sti 5 euro purchè la smettesse di farmi ombra sopra il lettino in spiaggia e di gridarmi nell’orecchio “bela, bela signorina compra tutta mia robina”
MAKE UP AND HAIR: sempre quelli dal 1999.

Giuro che se arrivo a 10.000 visite con questo post, rinuncio a tutti gli sforzi poetico-allegorico-mentali che impiego in genere negli altri!




giovedì 17 maggio 2012

Tra il dire e il fare



Ho iniziato una brillante carriera forense.
Ho iniziato ad andare in palestra due volte a settimana.
Ho iniziato a mangiare verdure bollite eliminando insaccati e fritture.
Ho iniziato a convincermi che se un uomo ti telefona dopo le una di notte è perché è con la tua voce che si vuole addormentare.
Ho iniziato ad usare Microsoft Excel per ogni cosa.
Ho iniziato a credere che se sei leale con la gente, la gente sarà leale con te.
Ho iniziato ad ascoltare la musica rap.
Ho iniziato a mettere da parte le ansie immotivate.
Ho iniziato a cancellare dalla memoria del telefono tracce umane di chi voglio fuori dalla mia vita.
Ho iniziato ad imbustare vecchi vestiti dismessi.
Ho iniziato a controllare le mie espressioni facciali e ad evitare il mutismo ogni volta che sono scocciata.
Ho iniziato ad usare la crema autoabbronzante.
Ho iniziato a sperare che tutto ciò che desideri da una vita, lo otterrai con la pazienza.
Ho iniziato a guardare Uomini e Donne in TV.

Poi ho fatto altro. 

lunedì 7 maggio 2012

Sono simpatica, non posso essere anche affettuosa



Quando io parlo di affetto, mi riferisco al bene che un essere umano può provare per un altro essere umano.
Sarà che siamo in periodo di dichiarazione dei redditi (per chi ha il privilegio di averli), sarà che oggi c’ho una giornata stramba e faccio strambe associazioni mentali, ma voglio parlare di affetto paragonandolo al cinque per mille.

Pensiamoci. Il cinque per mille non è altro che una quota accantonata che può essere distribuita, donata, scegliendo solo a chi. Ma puoi anche non farlo e lei resta lì, semplicemente dov’è.
Per l’affetto vale lo stesso principio.
Te lo impone la natura come una tassa. 
Tutti ne possediamo almeno una quota. 
Tutti possiamo decidere se destinarlo a qualcuno oppure no.

Io, per esempio, ne possiedo un bel po’ ma ho qualche difficoltà nelle modalità di distribuzione.
Il mio affetto passa più per le parole (in genere scritte) che per i gesti.
Pochi abbracci, poche carezze, pochi baci. Non è il corpo, insomma, a veicolarlo. 
Piuttosto la mente, la presenza fisica, il comportamento. 
Non il tatto. Più lo sguardo, quello complice.
E l’affetto ingloba l’amore. Non il contrario. Un sottoinsieme di un insieme più grande.
Il bene può resistere a mille urti, mentre l’amore basta una leggera botta che te lo sei giocato per sempre.
Il bene prescinde dall’attrazione, dalla chimica, dalla fisicità. L’amore no, non può.
Ho scoperto di volere bene a persone che non ho visto per anni e sempre con la stessa intensità. E a persone che non rivedrò mai più, mia nonna ad esempio.
Eppure faccio una gran fatica a dimostrarlo. Quasi che mi imbarazzi dire ti voglio bene.
Che cavolo ci vuole a dire ti voglio bene? 
Sono tre parole e pure brevi, roba che ci metti un millesimo di secondo. 
Perciò mi invito - e vi invito - a trovare ogni tanto quel millesimo di secondo per dire ti voglio bene.
A chi, di quel bene, ha diritto.


martedì 1 maggio 2012

Work in progress


Festa del lavoro. Lavoro grazie a un festino.
Lavoro gratificante. Lavoro pesante.
Lavoro facile. Facile che non lavoro.
Distrarsi dal lavoro. Io con facebook ci lavoro.
Sommerso di lavoro. Lavoro sommerso.
Lavoro precario. Stesso lavoro da sempre.
Lavoro all’estero. Cerco lavoro in Italia.
Lavoro flessibile. Lavoro anche a Natale.
Appuntamento di lavoro. Lavoro solo su appuntamento.
Lavoro sottopagato. Lavoro in politica.
Lavoro sporco. Sporco di lavoro.
Progetto il lavoro. Lavoro a progetto.
Il lavoro rende liberi. Liberi di non lavorare.
Diritto al lavoro. Lavoro di diritto.
Lavoro dei sogni. Lavoro buttato.
Lavoro che uccide. Vivere di lavoro.
Lavoro di giorno. Lavoro anche la notte.
Lavoro sfruttato. Lavoro rubato.
Lavoro di gruppo. Meglio che lavoro da solo.
Lavoro nero. Lavoro come un nero.
Lavoro occasionale. Occasione per saltare il lavoro.
Lavoro forzato. Io senza lavoro che faccio.
Lavoro e poi ci vediamo. Ci vediamo al lavoro.
Lavoro a domicilio. Lavoro freelance.
Lavoro che si suda. Lavoro che si pensa.
Mercato del lavoro. Lavoro al mercato.  



domenica 22 aprile 2012

Disco (o) Inferno



Il motivo per cui –  nonostante l’inesorabile avanzare verso i trenta – la sottoscritta frequenta ancora le discoteche è uno soltanto: raccogliere materiale prezioso per scrivere un post come questo.
Oggi, infatti, vi voglio parlare del variopinto e variegato mondo della “gente della notte” e, più in particolare, di quella gente che affolla i vari locali della movida cittadina.
Dopo lunghi ed approfonditi studi, ho individuato alcune “tipologie di discotecari”

Il truzzo.
Lo riconosci dalla canottiera con le spalline strette e dal bicipite in evidenza. Il truzzo è un discotecaro generalmente “solitario”: la sua postazione preferita è vicinissima alle casse acustiche e lì rimbalza, sempre con lo stesso ritmo, fino al mattino. Non guarda in faccia nessuno per un semplice motivo: ha gli occhiali da sole (che giustamente con tutti quei raggi di luce fanno comodo…).

Quello che ci crede.
Ha l’atteggiamento del “padrone della baracca”: conosce ogni angolo del locale e si muove con disinvoltura. Con una mano saluta il p.r., il buttafuori e la guardarobiera; con l’altra tiene all’orecchio l’iPhone con cover di Fendi. Indossa camicia slim con gemelli placcati e scarpa Gucci. Il sorriso è sempre accennato e impostato per l’intera serata. Rilasserà la mascella solo al rientro a casa.

Lui – la prima volta in discoteca.
Ha brufoli disposti in modo ordinato su tutto il perimetro facciale. Si guarda intorno e pensa, anzi, è certo di essere al limite della trasgressione. Anche il look scelto per l’occasione rafforza la sua convinzione: il pantalone color ghiaccio e la camicia nera, lo decretano erede indiscusso di Tony Manero. Non ha mai visto così tante ragazze e tutte insieme nello stesso posto.
Proverà a salutarle tutte, ma nessuna lo ricambierà.

Lei – la prima volta in discoteca.
NON lascia avvicinare nessun esemplare vivente di genere maschile, mantenendo tra sé e l’altro dai 5 ai 7 cm di distanza perchè teme la molestia sessuale.
NON beve nulla, rischiando addirittura la disidratazione, perché teme vi siano quantitativi di sostanze stupefacenti subdolamente inseriti proprio nel suo bicchiere.
NON ha lasciato nulla al caso, a partire dal trucco: ha talmente tanto esagerato con matita, mascara e ombretto che pare uscita da una ciminiera.

Il gruppo di amiche single.
Entrano sempre in fila indiana: la prima è “la sciolta”, quella cioè che ha rapporti&intrallazzi con i vertici del locale e che ha provveduto all’inserimento in lista delle adepte; la seconda è “l’incontinente”, quella cioè che ogni cinque minuti sente l’esigenza di fare pipì e deve correre in bagno; la terza è “l’assistente dell’incontinente”, perché E’ CATEGORICAMENTE ESCLUSO che una donna vada alla toilette da sola; la quarta è “la molleggiata”, quella cioè che – per una volta nella vita che ha messo i tacchi – ha già vesciche ovunque!

I RIS.
I Ris li trovi nel parcheggio della discoteca, con la loro auto trasformata in “camera oscura”: muniti di illuminazione a led e nastro isolante, trascorrono ore ed ore nella delicata attività di “riproduzione del timbro di ingresso”. Finisce che tornano a casa con le mani più imbrattate di quelle degli imbianchini e…con i faretti fulminati!