giovedì 27 ottobre 2011

Pensavo fosse amore (e invece erano lettere)




Riprendo a scrivere sul blog, dopo diversi giorni di assenza, per affrontare l’argomento degli argomenti. 
Il più decantato da scrittori e poeti, il più celebrato da musicisti e registi. 
Quello che alcuni rincorrono e da cui, altri, sfuggono.
L’amore.
Qualcuno che non sia il signor Wikipedia o il signor Zanichelli sa darmi una definizione tangibile di “amore”? Un qualcosa, cioè, che vada oltre la spiegazione concettuale del sostantivo maschile e che si possa in qualche modo sfiorare anche solo con l’immaginazione?

Provo a rifletterci su…

AMORE: 5 lettere, 3 vocali, 2 consonanti.
Simboli dell’alfabeto che, concatenati, danno pure un bel suono, un suono dolce. Leggero.
Ma l’amore - quello dei sensi, quello che si svincola dal concetto - non sempre è dolce.
E non sempre è leggero.
Per qualcuno non esiste (tipo La Veros!), per qualcun altro diventa invece una ragione di vita ("l'innamorato dell’amore”).
Io vedo il tutto da una prospettiva “centrale” che mi ha consentito di elaborare una teoria molto personale e molto discutibile.
La esporrò analizzando ogni singola lettera della parola A.M.O.R.E. e dando ad essa un significato.

A. Allettante l’idea delle anime gemelle, che si trovano senza cercarsi, ma un pochino troppo poetica.
M. Meglio pensare all’immagine di un tavolo riservato al ristorante. Si può arrivare in anticipo e il tavolo è ancora senza tovaglia; ci si può dimenticare di averlo prenotato e il tavolo è perso; si può arrivare in ritardo e il tavolo è già occupato da altri.
O. Oppure si può arrivare in orario perfetto e il tavolo riservato è quello migliore, lontano dagli odori della cucina, dagli spifferi della porta d’ingresso, dalle gomitate maldestre del cameriere e vicino alla finestra (quella affacciata sul panorama, naturalmente).
R. Resta il fatto che per ognuno è differente. E che è tutta una questione di piccoli incastri e di imprevedibili circostanze.
E. E di intuizioni. Intuizioni coraggiose.



giovedì 13 ottobre 2011

That's Life!



Succedono cose nella vita che non ti spieghi. 
E che non ti aspetti.

A titolo esemplificativo, racconterò una breve storia (ogni riferimento a fatti, luoghi e persone è puramente casuale!).

Incontri nel periodo adolescenziale (quello con l’acne giovanile, l’abbigliamento stravagante, le frasi esistenziali di Jim Morrison tra le pagine del diario) una persona che diventa la tua migliore amica, quella che senti al telefono ventitre volte al giorno, a cui racconti qualsiasi cosa (compreso il numero quotidiano di lavaggi dentali), con la quale trascorri interi pomeriggi a studiare, con cui programmi le vacanze e i fine settimana in discoteca.
Poi, più o meno all’improvviso, le circostanze della vita spostano geograficamente questo piccolo ma importante “punto di riferimento umano”: e tu ti trovi a doverne fare a meno e a dover ridimensionare le tue giornate, le cose da fare, i viaggi da organizzare, le persone da frequentare.
Gli anni passano, i ricordi sfumano i loro contorni, i lineamenti fisici si trasformano leggermente.
Ma in una domenica invernale qualunque, quella persona attraversa la tua stessa strada (come aveva già fatto anni prima).

Ed ogni distanza sembra improvvisamente accorciata.
E nulla sembra cambiato.

Morale della storia?
Non esistono cose impossibili, situazioni irrimediabili, esperienze  irreversibili.
Esistono errori che si riparano, sensazioni che si conservano e legami che si difendono da soli, anche contro la nostra stessa volontà.

giovedì 6 ottobre 2011

La Grande Mela



Steve Jobs
Un visionario, un filosofo, un mentore, un appiglio per le speranze vacillanti delle nuove generazioni. 
Talento e capacità di osare.
Uno che a 30 anni aveva già tra le mani qualcosa che avrebbe cambiato il mondo.
Senza laurea e senza master ma con una testa pensante.
A Jobs ognuno di noi deve qualcosa
Ognuno, anche chi non sa neppure cosa sia un iPhone, un Mac o un iPad perché ognuno ha ricevuto da lui la possibilità di credere che un’idea rivoluzionaria può essere sostenuta e realizzata.
Jobs non ha semplicemente creato costosi prodotti tecnologici, Jobs ha fatto molto di più: ha scommesso sul futuro in un tempo in cui tutti sono arenati nella mediocrità del presente.
Ha pensato, costruito e lasciato qualcosa a tutti noi.

Ai giovani di Stanford (ma più in generale a tutti i giovani del mondo), nel 2005 ha lasciato queste parole:

(…) Dovete trovare quel che amate.
E questo vale sia per il vostro lavoro che per i vostri affetti. Il vostro lavoro riempirà una buona parte della vostra vita e l’unico modo per essere realmente soddisfatti è fare quello che riterrete un buon lavoro.
E l’unico modo per fare un buon lavoro è amare quello che fate.
Se ancora non l’avete trovato, continuate a cercare.
Non accontentatevi.
 
(…) Il vostro tempo è limitato perciò non lo sprecate vivendo la vita di qualcun altro.
Non fatevi intrappolare dai dogmi, che vuol dire vivere seguendo i risultati del pensiero di altre persone.
Non lasciate che il ruomore delle opinioni altrui offuschi la vostra voce interiore.
E cosa più importante di tutte, abbiate il coraggio di seguire il vostro cuore e la vostra intuizione. In qualche modo loro sanno che cosa volete realmente diventare.
Tutto il resto è secondario.
Siate affamati. Siate folli.