Degli anni trascorsi alla scuola elementare ho due ricordi particolarmente nitidi: la felicità di far merenda con la pizza alla mortadella (ho sempre avuto un palato soft) e la tristezza di non avere né un fratello né una sorella.
Quando la maestra ci assegnava il compito “disegna la tua famiglia”, i miei compagni riempivano il foglio con tanta di quella gente che pareva avessero in casa una manifestazione sindacale; nella mia carta F4, invece, eravamo sempre e solo in 3! E allora io aggiungevo case, palazzi, alberi, nuvole, strade, tanto che più che un ritratto di famiglia il mio sembrava un vero e proprio progetto per la pianificazione urbanistica.
Poi, alla scuola media, finalmente la lieta notizia: un fratellino in arrivo anche per me!
Non potete capire la gioia!
Come se il “fratellino” fosse un accessorio da mostrare alla gente, una parola di cui riempirsi la bocca, un giocattolino da usare nel tempo libero.
Ce lo dovevi avere per forza, il "fratellino", altrimenti non eri come gli altri. Eri, come dire, un po’ di serie B.
Ma – ce lo insegna il proverbio – non è tutto oro quel che luccica…
E infatti, dopo questa prima fase di grande euforia, giunsero i primi strani ed – allora - incomprensibili segnali.
Preciso: io sono assolutamente convinta che ogni avvenimento capace di incidere sull’esistenza di una persona, sia in un modo o nell’altro anticipato, introdotto, avvisato da qualcosa…
Io sono stata avvisata così.