È indiscutibilmente questo l’argomento
del giorno.
Per 24 ore sono passati in
secondo piano: il processo a Schettino, la Legge di stabilità e la presunta gravidanza di
Belen.
Oggi la notizia (quella con l’articolo determinativo) plana
(in senso letterale) sul record di
Felix, uno con un nome che somiglia a quello di un gatto ma che ha, decisamente,
un coraggio da leone.
Dunque, cosa avrebbe fatto il
tizio proveniente dai monti austriaci? Nient’altro che lanciarsi nel vuoto da 39 chilometri (puoi
leggere anche: t r e n t a n o v e m i l a m e t r i) appeso a un pallone di
elio.
La cosa ha dello strabiliante. Non
c’è dubbio.
Non solo perché il tizio, Felix,
è ancora in vita (cosa per nulla scontata
considerate le radiazioni, le onde d’urto e la circolazione che poteva
tranquillamente fargli bollire il sangue come l’acqua prima di calare gli
spaghetti) ma soprattutto perché, per la prima volta, un uomo ha infranto la
barriera del suono a 57 gradi sotto zero.
Questa notizia mi piace.
Perché dimostra che le possibilità
umane sono sconfinate e che le barriere sono (quasi) sempre più fragili delle menti
ostinate.
Felix ha compiuto la sua impresa.
Certo, ha fatto le cose “in grande”, sotto l’occhio della scienza e dei media
del mondo.
Ma ogni giorno, più o meno
anonimamente, milioni di altri uomini e donne compiono, anch'essi, la propria.
Alzarsi ogni mattina col sole
ancora spento. Pagare un fornitore. Non lamentarsi del tempo e dei malanni di
stagione. Resistere sul mercato nonostante la concorrenza cinese. Innamorarsi. Mantenere
la calma. Ricordarsi a memoria il numero di una persona cara. Mettere al mondo
un figlio. Affrontare la fila alle poste. Cucinare un soufflé senza farlo
sgonfiare.
Sono tutte imprese. Piccole.
Grandi. Quotidiane. E di una certa utilità.
Siamo, pur sempre, umani.
Felix, dalla sua altezza, ha
detto: “A volte bisogna andare veramente in alto per vedere come siamo piccoli”.
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