Che scritta così sa molto di titolo di un film drammatico in bianco e nero, dove lui scompare nella nebbia e lei resta in
mezzo alla strada, sola e desolata, con il viso umido di lacrime stretto tra le
mani.
E invece è semplicemente quella
righetta di frase che sta sotto il tuo nome e che indica l’orario esatto in cui
hai chattato per l’ultima volta.
Mi urta. L’ultima visita di
WhatsApp mi urta.
Perché mi ricorda quando da
piccola giocavo a nascondino e c’era sempre lo stronzetto (o la stronzetta) di
turno che faceva la spia e passava l’informazione del mio nascondiglio a chi
faceva la conta.
Alla fine c’è sempre qualcun
altro che sa cosa fai e quando lo fai.
È probabilmente questo il dazio
da pagare per essere “social”.
Accettare di essere invasi.
Io posso condividere tutto, in tempo reale e
senza confini.
Tu (genericamente tu) mi
rubi piccoli gesti quotidiani e li rivendi nel mercato della rete.
Post telegrafico, oggi.
Perché per essere “social” devi pure essere “short”.
...cara, l'ultima visita la puoi disattivare ;-)...Paolo.
RispondiEliminaOps... ;-))
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