Le piante grasse sono, tra tutte le specie botaniche, quelle
che amo di più.
In primis perché le loro forme strane mi fanno simpatia. E poi
perché credo che abbiano delle caratteristiche naturali assolutamente
invidiabili.
Sono nate, infatti, per resistere, per lottare e per adattarsi alle circostanze esterne.
Grazie a particolari tessuti, riescono ad immagazzinare
tutta l’acqua necessaria per sopravvivere nei luoghi più avversi, quelli aridi
in cui i periodi di siccità sono lunghissimi. E hanno fatto tutto da sé. Si
sono – diciamo – organizzate, trasformando le foglie in spine e trasferendo la
funzione clorofilliana sul fusto.
Che piante geniali. Che piante forti.
Piante capaci di sopravvivere anche senza le cure e le
attenzioni dell’uomo.
Io, che più che il pollice ho forse il mignolo verde, ne ho fatte morire
una decina. L'unica, credo, nella storia ad esserci riuscita.
Le piante grasse sopravvivono nei deserti del mondo e sono
venute a morire a casa mia, a Ponte Pattoli!
Me ne dispiaccio infinitamente. Mi dispiace soprattutto di non aver
fatto in tempo a rubar loro un po’ di quell’equilibrio sapiente che le rende
capaci di affrontare anche le situazioni meno ottimali, con vigore e senza
alcun lamento.
Facendo sbocciare piccoli fiori anche tra le spine più appuntite.