Queste righe sono dedicate a te.
Solo ed esclusivamente a te che ieri sera hai rubato la mia borsa.
L’hai fatto bene, con destrezza, portandomela via da sotto gli occhi senza che neppure mi accorgessi.
C’è voluto un po’ perché il mio cervello perbene chiamasse il fatto con il giusto nome: “furto” e non “errore”.
Lo so, sono antica, ho ancora il vizio della buona fede.
E chi si trova in questa condizione, fatica sempre un po’ ad accorgersi della stronzaggine altrui.
Sì perché rubare una borsa di giovedì sera, in un Caffè del centro, dove tutti hanno l’apparenza di stare bene, anzi, pure meglio di te, beh è un gesto da STRONZI.
Bada bene, non è per i soldi (che comunque a guadagnarli un po’ ci vuole), non è per documenti e carte varie (che comunque a rifarli una mezza giornata tra uffici, file, numerini e impiegati insofferenti ce la devi considerare) e non è neanche per gli occhiali da vista con montatura nuova nuova (che comunque, pure quelli, fanno comodo se hai una miopia che non riconosci neppure tua madre ad un metro di distanza).
Non è per questo che ti considero uno/a stronzo/a.
Tu sei stronzo/a perché con la mia borsa di velluto nero ti sei portato/a via la foto di me da piccola sulle ginocchia di mia nonna, quella che avevo ritagliato malamente per farla entrare nella fessura interna del portafogli così da averla sempre con me.
Tu sei stronzo/a perché con la mia borsa ti sei portato/a via l’illusione di poter trascorrere una serata piacevole tra la gente senza dover sospettare di quella stessa gente.
Perciò a te, che probabilmente non leggerai mai queste righe, io dedico tutto il mio disprezzo e la mia compassione.
E come avrebbe detto mia nonna (quella della foto): che i miei soldi (quelli che hai trovato nel portafogli) ti servano tutti ed unicamente per... le medicine!