Chiara aveva nove grammi di carezze
nella tasca destra dei suoi jeans. Era rientrata a casa pensando che potessero
bastare. La signora delle ricette in tv ne consigliava un paio in più ma a Chiara
andava bene lo stesso. La cucina non era il suo forte. La prima volta che aveva
preparato un piatto il risultato era stato un disastro. Dosi sballate,
superfici bruciacchiate, cattivo sapore. Ma di quelle carezze parlavano veramente
bene. Dicevano che avrebbero rivoluzionato il modo di mangiare. E poi erano
facili da preparare, potevano riuscirci tutti senza avere doti da grandi chef.
Bastava aggiungerle a qualsiasi altro ingrediente – dolce, salato o piccante
non faceva differenza – lasciarle amalgamare bene a fuoco lento et voilà. Pronte in pochi minuti.
Miracolose più dell’olio. Essenziali più del sale. Ricercate più del caviale.
Le carezze erano capaci di assecondare ogni palato e soddisfare il gusto di
chiunque. Chiara non le aveva mai usate prima. Quel giorno al supermercato –
dove le vendevano sfuse, tra il bancone dei surgelati e lo scaffale dell’acqua
minerale – le aveva scelte con cura e infilate nella busta trasparente tenendo
d’occhio il cartellino con il prezzo. Erano in offerta e la gente non sembrava
poi così interessata. Chiara però era curiosa di provare. Un grammo alla volta,
carezza dopo carezza, aveva svuotato la busta e riempito il tegame
antiaderente, facendo attenzione alle istruzioni date alla tv. Aveva mescolato
e posto sopra il coperchio, lasciando solo una fessura per far evaporare
l’acqua di cottura. Mentre aspettava che il timer suonasse, Chiara pensava a
quello che sarebbe stato, al sapore che avrebbe avuto, all’armonia dei colori
che le carezze avrebbero sprigionato una volta sistemate sul piatto. E si
immaginava già la foto che avrebbe scattato e condiviso in rete con le amiche.
Finchè il suono impazzito del timer tagliò il filo di ogni pensiero nella mente
di Chiara. Era il momento di sollevare il coperchio. Le carezze erano pronte e Chiara
era impaziente. Nella scoperta di quel momento aveva riposto l’attesa di
qualcosa che avrebbe cambiato la percezione dei suoi sensi. Qualcosa che
l’avrebbe saziata facilmente e senza troppo sforzo. E poi “carezze”, che bel
suono che aveva quel nome. Con il pollice e l’indice stretti sul pomello del
coperchio, Chiara tirò su di scatto. Il vapore le rimbalzò sulle lenti degli
occhiali da vista appanandole tutte. Ma riuscì a vedere lo stesso. Il fondo
della pentola era completamente vuoto. Nulla, non c’era rimasto nulla. Nemmeno
la più piccola sostanza della più piccola carezza. Seduta con la sguardo fisso
sul piatto nudo, Chiara capì che le carezze a prezzo scontato, alla portata di
tutti e assaporabili in fretta non avrebbero mai rivoluzionato il gusto del mondo.
Pubblicato sulla rivista UMBRIANOISE (N. 13)
www.umbrianoise.it
Brava Chiara, una carezza (non scontata) per te :)
RispondiEliminaGrazie!!! ;-)
Eliminabello Chiara, bello bello bello!il tuo pilota preferito...;-)
RispondiEliminaGrazie my Love!!! :-))
EliminaBellissimo Chia! Meno FREE HUG, più TRUE HUG. Un bacio!
RispondiEliminaGrazie Aquins!!! ;-)
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