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lunedì 19 novembre 2012

Raramente parlando


Oggi ho pranzato in un posto di cui non posso svelare il nome. 
Per due ragioni.
Prima ragione: mi sa che un nome vero e proprio non ce l’ha (o io comunque non l’ho capito…).
Seconda ragione: il mio commensale sostiene che se poi la gente lo scopre, la voce gira, diventa una moda, lo piazzano su Tripadvisor, i proprietari rivedono il menu e i prezzi sulla carta, l’accoglienza calorosa si raffredda e l’attenzione premurosa che senti riservata solo a te si distribuisce distratta anche ad altri. Ragionamento macchinoso ma condivisibile.
Non vi dico il nome ma ve lo descrivo.
Pochi posti, stufa a legna, tovaglia a quadrettoni, bicchieri di vetro spesso (ve l’ho mai detto che ho una specie di fissazione semipatologica per bicchieri e tazzine da caffè?), pane caldo sfornato dalla signora in cucina, l’autunno della campagna umida intorno.
Non si raggiunge comodamente, non appaga l’occhio al primo sguardo, non vuole apparire più di quanto non è.
Questo posto mi piace come mi piace tutto ciò che è rarità.
Come la genuinità negli esseri umani, come la ferramenta ancora aperta nel centro storico, come le botteghe vintage parigine nel Marais, come il posto finestrino nei voli low cost, come quella traccia del disco che mai diventerà il singolo passato dalle radio.
Come tutta quella bellezza sofisticata che sfugge ad occhi troppo pigri e cuori poco allenati.

A proposito di non – singoli, vi segnalo questo…



lunedì 28 maggio 2012

effe emme


“Santilli, organizza i casting che partiamo”.

L'idea è nata più o meno così 
Poi è arrivato Umbria Radio Young.
Un progetto, anzi, di più.
Un’opportunità per coltivare una passione. Per mettersi alla prova. Per intrecciare relazioni. Per trovare il proprio trampolino di lancio. Per riascoltare la propria voce in macchina, fermi ad un semaforo. Per stupirsi della potenza della comunicazione. Per capire che esistono regole, anche non gradite, da rispettare. Per provare il brivido di una diretta. Per sentire nelle orecchie il fastidio delle cuffie troppo alte. Per stare in vetrina in una piccola città di provincia. Per capire che si è portati per tutt’altro. Per intercettare i segnali umani dallo studio alla cabina di regia, filtrati attraverso i riflessi di un vetro. Per apprezzare il valore di una impeccabile dizione (rinunciando al dònca). Per ritrovarsi in televisione. Per sentirsi parte di un gruppo. Per far nascere amicizie. Per il privilegio di poter dire “se vuoi sentirmi, accendi la radio”!

In numeri...
7 mesi di trasmissioni
5 programmi settimanali
21 under 30
Più di 50 ospiti intervistati (ma molti di più…)
600 facebook’s friends
1 centinaio di gingolini prodotti (by Michele Patucca)
1 migliaio di e-mail scambiate (cioè, unilateralmente inviate da me a loro)
Altrettanti “colpi” inviati (da loro a me)













Molte grazie...

martedì 5 luglio 2011

La porti un bacione a Firenze...


Una cara amica si è laureata ieri a Firenze in Giurisprudenza italo-francese. Si chiama Laura, ha girato mezzo mondo, parla più lingue di una hostess di terra ed ha un cervello che ne vale almeno tre (di quelli “buoni”, naturalmente). La cito volentieri, le persone in gamba hanno l’obbligo di essere menzionate pubblicamente.
Dunque, come già detto, ho trascorso un bel lunedì in quel di Firenze.
Ah Firenze, Firenze… lè veramente una città ganza… Ci vado sempre volentieri!
Città elegante, ricca di fascino, suggestiva in ogni minimo angolo. Un tantino trafficata nelle ore di punta ma, del resto, quale città italiana non lo è (alle sei di sera anche a Ponte San Giovanni rischi di restare bloccato per ore tra le auto in coda! Ma vogliamo mettere?!).
E poi a Firenze si mangia troppo bene!
E infatti dopo applausi, brindisi, foto, abbracci, mazzi di fiori e corone d’alloro, tutti a cena sul Lungarno! 
Per la stessa logica di cui sopra, ovvero citare ciò che merita d’esser citato, vi dirò che siamo stati all’Antico Ristoro Di’ Cambi (www.anticoristorodicambi.it).
Esattamente il genere di posto che piace a me: prosciutti appesi, cantina selezionatissima, odori forti, sgabelli e tavoli senza tovaglie, affreschi e oggetti d’epoca. La trattoria quella vera, quella in perfetto stile anni ’50 e curata in ogni suo più piccolo dettaglio, dove ogni oggetto (dalla tazzina al bicchiere) richiama il passato pur nella realtà del presente. Solo in questo genere di posti puoi mangiare salumi affettati da mani esperte, pappa al pomodoro e penne al ragù di cinghiale, fiorentina servita su taglieri enormi e dolci con crema calda (fatta al momento!).
Questo non è un post “promozionale”, sia chiaro.
Queste righe perché mentre tornavo a Perugia (un po’ assonnata e leggermente appesantita!), con la fronte schiacciata sul finestrino della macchina, pensavo a tutta la clientela straniera che affollava il ristorante (giapponesi, americani, svedesi, tedeschi…). Pensavo alle loro espressioni inebetite mentre i piatti gli scivolavano rapidi sotto gli occhi meravigliati. Pensavo a come fanno ad andarsene dall'Italia sapendo di dover rientrare nelle loro cucine speziate e improvvisate. 
Pensavo a quanto siamo fortunati noi italiani che abbiamo il meglio di tutto e non lo diciamo mai, non lo difendiamo mai, non lo esaltiamo mai. Pensavo che è il caso di smetterla con la storia che in Italia tutto fa schifo, tutto va a rotoli, tutto è agli ultimi posti di chissà quale classifica, tutto va male e che tutti – in Europa e nel mondo – sono meglio di noi!

“In Italia si vive bene!" 
Se dovessi ideare uno slogan, il mio sarebbe questo.