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lunedì 11 marzo 2013

I wanna be Black



Black come l’inchiostro della stilografica Montblanc
Black come il 99% degli abiti che ho nell’armadio
Black come il fondo in cui ogni tanto mi smarrisco
Black come la pelle che mai mi rivestirà

Black come le corde vocali che prestano l’anima ai più bei pezzi hip hop, funk, R&B e soul

Skye, Love show

Alicia Keys, Heartburn

Lauryn Hill, Every ghetto every city

Noora Noor, Funky way

Asa, Why can't we


ma, più di tutti, io impazzisco letteralmente per questo:

The Roots feat Leela James, Work


(God Save The Music!)


martedì 22 maggio 2012

Ce l'ho. Manca.



Signori che invenzione l’iPod!
Se penso che dieci anni fa la musica te la dovevi registrare in cassetta dalla radio (con lo speaker che entrava sempre con la sua voce irritante a trenta secondi dalla fine rovinando tre minuti di lavoro intenso!) oppure dovevi aspettare Festivalbar (con il mitico Salvetti) per sapere quali sarebbero state le hit dell’estate (cavolo, però, quanto mi manca Festivalbar!! Era il segnale di inizio dell’estate, altro che le meteorine!), quante cose sono cambiate!
Ora, invece, se ti piace una canzone te la prendi con un clic del mouse in mezzo minuto.
Te la infili nell’iPod e via.
Bello. Democraticamente bello.
Perché la musica è la cosa più democratica che c’è: è per la gente ed è la gente che la governa.  

A me la musica mi svolta le giornate. Giuro.
(“A me mi”, bello. Arbitrariamente bello)

Ho intervistato da poco Giovanni Guidi - classe 1985, enfant prodige del jazz – che ha così dichiarato «Totale e no global la mia passione per tutta la musica».
Beh io condivido, mi piace molto questa idea di totalità. Questa opportunità di scelta, dal jazz al pop, dal rock al reggae, dal rhythm and blues alla disco music ecc…

Io ascolto tutto.
Poi scelgo, cosa è obbligo avere e cosa è possibile far mancare.

CE L’HO…
Funky Bahia, Sergio Mendes feat Will I Am & Siedah Garret
Il negozio di antiquariato, Niccolò Fabi
How deep is your love, Bee Gees
Fango, Jovanotti
Billie Jean, Michael Jackson
Un’avventura, Lucio Battisti
Hit the road Jack, Ray Charles
Oggi sono io, Mina (version)
You get what you give, New Radicals
Amandoti, Gianna Nannini
En el muelle de San Blas, Manà
Can’t take my eyes off of you, Lauryn Hill (version)
Ed ho in mente te, Equipe 84
High and dry, Radiohead
Il mare d’inverno, Loredana Bertè
Is this love, Bob Marley
Ti pretendo, Raf
Like a prayer, Madonna
Soli, Adriano Celentano
New shoes, Paolo Nutini

MANCA…
Lui (e chi per lui), tanto senza che ve lo ripeto lo sapete già…

giovedì 1 marzo 2012

Io tra un'ora sono lì

Quando muore un Artista, tutti ci sentiamo un po’ più tristi.
Anche se solo per un attimo, per la frazione di secondo in cui ascoltiamo la notizia in tv o per il tempo che impieghiamo a scorrere la pagina di facebook.
Che sia un cantante, uno scrittore, un attore, un regista, un Artista è un illuminato.

La A maiuscola è doverosa.
Si usa solo per l’Artista vero.
Quello, cioè,  che si è limitato a comunicare , all’esterno di sé.
Senza nulla di più o di meno.
Ma mettendo in circolo un potere capace di penetrare i sentimenti umani.

Perché ci dispiace quando uno come Lucio Dalla scompare?
Perché almeno una volta nella vita abbiamo avuto la pelle d’oca ascoltando Caruso, perché almeno una volta nella vita abbiamo canticchiato Caro amico ti scrivo, così mi distraggo un po’…, perché almeno una volta nella vita abbiamo gridato Attenti al lupo senza essere sperduti in un bosco.
Perché almeno una volta nella vita la sua Arte ha sfiorato le nostre giornate e accompagnato le immagini dei nostri ricordi.

Io tra un’ora sono lì non è Caruso, non è Stella, non è Cara, non è Piazza Grande, non è Tu non mi basti mai, non è Disperato erotico stomp.
Ma è una bella, bella canzone.


...Come faccio a non amarti
come faccio a limitarmi
se sto lì a pensarti anche da qui
se potessi cancellarti
quando voglio disegnarti
ecco spingo un tasto e tu sei qui...

(1999, Io tra un'ora sono lì, Album Ciao)

lunedì 25 luglio 2011

Pezzi da 90



Non sapevo fosse morta.
Ieri accendo il pc, mi collego alla rete e mi compare lei in primo piano, con i tatuaggi, la magrezza, l’acconciatura inconfondibile, l’ombretto nero allungato fin quasi alle tempie. Accanto una scritta nera in grassetto (in Times New Roman, il più meccanico): “Morta la cantante Amy Winehouse”.

È vero, la settimana ha partorito notizie decisamente più feroci, basti pensare a quel folle che in Norvegia (l’esemplare Norvegia) ha fatto fuori un’ottantina di poveri disgraziati, tutto da solo e in meno di un pomeriggio.
Però a me quell’annuncio di morte della Winehouse ha fatto un certo effetto, mi è rimbalzato in pancia, come rimbalzano ora tutti i commenti, le ipotesi, le congetture. Tutti devono capire se in casa era sola, se i manager hanno responsabilità, se il mix di sostanze che l’ha stroncata aveva in percentuale più eroina o cocaina.
Quello che, invece, cerco di capire io è come diavolo sia possibile che una ragazza inglese di 27 anni, dal talento soprannaturale, dalle corde vocali toccate da Dio e dal successo planetario, abbia fatto e disfatto tutto da sé. Esseri umani così naturalmente dotati sono una rarità e, un po’ come l’eclissi, saltano fuori solo in casi eccezionali e dopo chissà quanti anni solari.

Un vero peccato.
Seppur con tutti i suoi eccessi, io Amy l’adoravo e il suo nuovo album l’avrei di certo comprato.
Un talento disperso, "un’anima fragile".

mercoledì 8 giugno 2011

L'Afrique c'est chic

La bella vita con l’esperienza che segna il volto
Le mani libere, in tasca il giusto e nel cuore molto
La bella vita senza il delirio di onnipotenza
Con la passione che rende amica la sofferenza
La bella vita che dura un’ora tra due infiniti
Ti vorrò bene per sempre e sempre sono minuti…


La bella vita dopo che hai perso qualsiasi appiglio
Con il sudore come un diamante sul sopracciglio
La bella vita quella che auguro ai miei amici
A chi si perde tra mille incroci
A chi la augura pure a me…

Jovanotti, La bella vita (2011)

giovedì 5 maggio 2011

"loveless nights"

Se una canzone mi piace non mi limito ad ascoltarla, mi ci fisso proprio.
Per i prossimi giorni avrò a che fare solo con questa...


Hurts, Sundey (2011)

sabato 30 aprile 2011

Walkman: io non ti voglio, ti pretendo!

Non molti secoli fa, l’uomo inventò un oggetto chiamato Walkman.
Questa scatoletta di plastica – pressoché sconosciuta alle nuove generazioni – ha di fatto rivoluzionato il modo di ascoltare la musica, offrendo alle persone la possibilità di portarla con sé ovunque e diventando una vera e propria icona degli anni ottanta.
Anch’io ne avevo uno, precisamente un Philips nero con righe sottili in rilievo e tasti grigi. Le cuffie, invece, erano di gomma morbida, larghe e spesse, tenute insieme da un archetto metallico (non rivestito) che mi graffiava la fronte ogni volta che lo mettevo in testa, puntualmente.
La praticità e l’estetica, insomma, lasciavano un po’ a desiderare e andare in giro con quell’attrezzatura vistosa e intrecciata di fili, rendeva la somiglianza con Robocop quasi immediata.
Nonostante tutto, credo che nessun cd o file mp3 potrà mai restituirmi l’emozione di ascoltare una musicassetta con il Walkman. Ma vuoi mettere il rumore di fondo tra un brano e l’altro, il nastro magnetico che usciva matematicamente dalle bobine facendo perdere la pazienza anche a un santo, il lato A e lato B da venti minuti al massimo e il tru-tru-tru-tru improvviso alla fine di ogni lato?
Ora che il Walkman è diventato una rarità vintage – come sempre accade per le cose vecchie scansate da quelle nuove – io posso orgogliosamente affermare di averlo avuto e utilizzato (anzi, di averne abusato!) e di averci ascoltato almeno una cinquantina di musicassette. Me ne torna in mente una, di Raf, anno 1989 (cioè ventidue anni fa, ripeto v e n t i d u e): c’era dentro un brano fantastico, uno di quelli che non ti lasciano scelta, che devi obbligatoriamente cantare a squarciagola…